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Omelie:
Vallini - Omelia di beatificazione Carlo Acutis

“Chi rimane in me, ed io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete fare nulla” (Gv. 15,5).

Con queste parole, che abbiamo ascoltato dal Vangelo di Giovanni, Gesù, nell’ultima cena, si rivolge ai suoi discepoli e li esorta a rimanere uniti a Lui come i tralci alla vite. L’immagine della vite e dei tralci è molto eloquente per esprimere quanto sia necessario per il cristiano vivere in comunione con Dio. La sua forza sta proprio qui: avere con Gesù un rapporto personale, intimo, profondo, e fare dell’Eucarestia il momento più alto della suarelazione con Dio.

Cari fratelli e sorelle,

noi oggi siamo particolarmente ammirati e attratti dalla vita e dalla testimonianza di Carlo Acutis, che la Chiesa riconosce come modello ed esempio di vita cristiana, proponendolo soprattutto ai giovani. Viene spontaneo domandarsi: che aveva di speciale questo ragazzo di appena quindici anni? Ripercorrendo la sua biografia troviamo alcuni punti fermi che lo caratterizzano già umanamente.

Era un ragazzo normale, semplice, spontaneo, simpatico (basta guardare la sua fotografia), amava la natura e gli animali, giocava a calcio, aveva tanti amici suoi coetanei, era attratto dai mezzi moderni della comunicazione sociale, appassionato di informatica, e da autodidatta costruiva programmi “per trasmettere il Vangelo, per comunicare valori e bellezza” (Papa Francesco). Aveva il dono di attrarre e veniva percepito come un esempio.

Fin da bambino - ce lo testimoniano i suoi familiari - sentiva il bisogno della fede ed aveva lo sguardo rivolto a Gesù. L’amore per l’Eucarestia fondava e manteneva vivo il suo rapporto con Dio. Diceva spesso: “L’Eucarestia è la mia autostrada per il cielo”. Ogni giorno partecipava alla S. Messa e rimaneva a lungo in adorazione davanti al SS. Sacramento. Carlo diceva: “Si va dritti in Paradiso se ci si accosta tutti i giorni all’Eucarestia!". Gesù era per lui Amico, Maestro e Salvatore, era la forza della sua vita e lo scopo di tutto ciò che faceva. Era convinto che per amare le persone e fare loro del bene bisogna attingere l’energia dal Signore. In questo spirito era molto devoto della Madonna.

Suo ardente desiderio inoltre era quello di attrarre quante più persone a Gesù, facendosi annunciatore del Vangelo anzitutto con l’esempio della vita. Fu proprio la testimonianza della sua fede che lo spinse con successo ad intraprendere un’opera di evangelizzazione assidua negli ambienti che frequentava, toccando il cuore delle persone che incontrava e suscitando in esse il desiderio di cambiare vita e di avvicinarsi a Dio. E lo faceva con spontaneità, mostrando col suo modo di essere e di comportarsi l’amore e la bontà del Signore. Straordinaria infatti era la sua capacità di testimoniare i valori in cui credeva, anche a costo di affrontare incomprensioni, ostacoli e talvolta perfino di essere deriso. Carlo sentiva forte il bisogno di aiutare le persone a scoprire che Dio ci è vicino e che è bello stare con Lui per godere della sua amicizia e della sua grazia.

Per comunicare questo bisogno spirituale si serviva di ogni mezzo, anche dei mezzi moderni della comunicazione sociale, che sapeva usare benissimo, in particolare Internet, che considerava un dono di Dio ed uno strumento importante per incontrare le persone e diffondere i valori cristiani.

Questo suo modo di pensare gli faceva dire che la rete non è solo un mezzo di evasione, ma uno spazio di dialogo, di conoscenza, di condivisione, di rispetto reciproco, da usare con responsabilità, senza diventarne schiavi e rifiutando il bullismo digitale; nello sterminato mondo virtuale bisogna saper distinguere il bene dal male. In questa prospettiva positiva incoraggiava ad usare i mass-media come mezzi a servizio del Vangelo, per raggiungere quante più persone possibili e far loro conoscere la bellezza dell’amicizia con il Signore. A questo scopo si impegnò ad organizzare la mostra dei principali miracoli eucaristici avvenuti nel mondo, che utilizzava anche nel fare catechismo ai bambini.

Era molto devoto della Madonna, recitava ogni giorno il Rosario, si consacrò più volte a Maria per rinnovarle il suo affetto e per impetrare la sua protezione. Preghiera e missione dunque: sono questi i due tratti distintivi della fede eroica del Beato Carlo Acutis, che nel corso della sua breve vita lo portò ad affidarsi al Signore in ogni circostanza, specialmente nei momenti più difficili.

Con questo spirito, visse la malattia che affrontò con serenità e lo condusse alla morte. Carlo si abbandonò tra le braccia della Provvidenza, e, sotto lo sguardo materno di Maria ripeteva: “Voglio offrire tutte le mie sofferenze al Signore per il Papa e per la Chiesa. Non voglio fare il Purgatorio; voglio andare dritto in Paradiso” (Positio, Biografia documentata, 549). Parlava così – ricordiamolo - un ragazzo di quindici anni, rivelando una sorprendente maturità cristiana, che ci stimola e ci incoraggia a prendere sul serio la vita di fede.

Carlo suscitava poi grande ammirazione per l’ardore con cui nelle conversazioni difendeva la santità della famiglia e la sacralità della vita contro l’aborto e l’eutanasia. Il novello Beato, ancora, rappresenta un modello di fortezza, alieno da ogni forma di compromesso, consapevole che per rimanere nell’amore di Gesù, è necessario vivere concretamente il Vangelo (cf. Gv 15,10), anche a costo di andare controcorrente.

Egli ha fatto veramente sue le parole di Gesù: “Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi” (v. 12). Questa sua certezza di vita lo portava ad avere una grande carità verso il prossimo, soprattutto verso i poveri, gli anziani soli e abbandonati, i senza tetto, i disabili e le persone che la società emarginava e nascondeva. Carlo era sempre accogliente con quanti erano nel bisogno e quando, andando a scuola, li incontrava per strada si fermava a parlare, ascoltava i loro problemi e, nei limiti delle sue possibilità, li aiutava.

Carlo non si è mai ripiegato su se stesso, ma è stato capace di comprendere i bisogni e le esigenze delle persone, nelle quali vedeva il volto di Cristo. In questo senso, ad esempio, non mancava di aiutare i compagni di classe, in particolare quelli che erano più in difficoltà. Una vita luminosa dunque tutta donata agli altri, come il Pane Eucaristico.

Cari fratelli e sorelle, la Chiesa gioisce, perché in questo giovanissimo Beato si adempiono le parole del Signore: “Io ho scelto voi e vi ho costituito perché andiate e portiate molto frutto” (v. 16).

E Carlo è “andato” ed ha portato il frutto della santità, mostrandolo come meta raggiungibile da tutti e non come qualcosa di astratto e riservato a pochi. La sua vita è un modello particolarmente per i giovani, a non trovare gratificazione soltanto nei successi effimeri, ma nei valori perenni che Gesù suggerisce nel Vangelo, vale a dire: mettere Dio al primo posto, nelle grandi e nelle piccole circostanze della vita, e servire i fratelli, specialmente gli ultimi.

La beatificazione di Carlo Acutis, figlio della terra lombarda, e innamorato della terra di Francesco di Assisi, è una buona notizia, un annuncio forte che un ragazzo del nostro tempo, uno come tanti, è stato conquistato da Cristo ed è diventato un faro di luce per quanti vorranno conoscerlo e seguirne l’esempio.

Egli ha testimoniato che la fede non ci allontana dalla vita, ma ci immerge più profondamente in essa, indicandoci la strada concreta per vivere la gioia del Vangelo. Sta a noi percorrerla, attratti dall’esperienza affascinante del Beato Carlo, affinché anche la nostra vita possa brillare di luce e di speranza.

Beato Carlo Acutis, prega per noi!



Card. Agostino Vallini
Cari giovani non rinunciamo ai grandi sogni, siamo fatti per realizzare i sogni di Dio in questo mondo

Cari giovani non rinunciamo ai grandi sogni, siamo fatti per realizzare i sogni di Dio in questo mondo
SANTA MESSA CON LA CONSEGNA DELLA CROCE DELLA GIORNATA MONDIALE DELLA GIOVENTÙ

OMELIA DEL SANTO PADRE FRANCESCO

Basilica di San Pietro, Altare della Cattedra
Solennità di Nostro Signore Gesù Cristo Re dell'Universo - Domenica, 22 novembre 2020

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Quella che abbiamo appena ascoltato è l’ultima pagina del Vangelo di Matteo prima della Passione: prima di donarci il suo amore sulla croce, Gesù ci dà le sue ultime volontà. Ci dice che il bene che faremo a uno dei suoi fratelli più piccoli – affamati, assetati, stranieri, bisognosi, malati, carcerati – sarà fatto a Lui (cfr Mt 25,37-40). Il Signore ci consegna così la lista dei doni che desidera per le nozze eterne con noi in Cielo. Sono le opere di misericordia, che rendono eterna la nostra vita. Ciascuno di noi può chiedersi: le metto in pratica? Faccio qualcosa per chi ha bisogno? O compio del bene solo per le persone care e per gli amici? Aiuto qualcuno che non può restituirmi? Sono amico di una persona povera? E così via, tante domande che possiamo farci. “Io sono lì”, ti dice Gesù, “ti aspetto lì, dove non immagini e dove magari non vorresti nemmeno guardare, lì nei poveri”. Io sono lì, dove il pensiero dominante, secondo cui la vita va bene se va bene a me, non è interessato. Io sono lì, dice Gesù anche a te, giovane che cerchi di realizzare i sogni della vita.

Io sono lì, disse Gesù, secoli fa, a un giovane soldato. Era un diciottenne non ancora battezzato. Un giorno vide un povero che chiedeva aiuto alla gente, ma non ne riceveva, perché «tutti passavano oltre». E quel giovane, «vedendo che gli altri non erano mossi a compassione, comprese che quel povero gli era stato riservato», per lui. Però non aveva niente con sé, solo la sua divisa di lavoro. Allora tagliò il suo mantello e ne diede metà al povero, subendo le risa di scherno di alcuni lì attorno. La notte seguente fece un sogno: vide Gesù, rivestito della parte di mantello con cui aveva avvolto il povero. E lo sentì dire: «Martino mi ha coperto con questa veste» (cfr Sulpicio Severo, Vita Martini, III). San Martino era un giovane che fece quel sogno perché lo aveva vissuto, pur senza saperlo, come i giusti del Vangelo di oggi.

Cari giovani, cari fratelli e sorelle, non rinunciamo ai grandi sogni. Non accontentiamoci del dovuto. Il Signore non vuole che restringiamo gli orizzonti, non ci vuole parcheggiati ai lati della vita, ma in corsa verso traguardi alti, con gioia e con audacia. ^
Non siamo fatti per sognare le vacanze o il fine settimana, ma per realizzare i sogni di Dio in questo mondo. Egli ci ha reso capaci di sognare per abbracciare la bellezza della vita. E le opere di misericordia sono le opere più belle della vita. Le opere di misericordia vanno proprio al centro dei nostri sogni grandi. Se hai sogni di vera gloria, non della gloria del mondo che viene e va, ma della gloria di Dio, questa è la strada. Leggi il brano del Vangelo di oggi, riflettici su. Perché le opere di misericordia danno gloria a Dio più di ogni altra cosa. Ascoltate bene questo: le opere di misericordia danno gloria a Dio più di ogni altra cosa. Sulle opere di misericordia alla fine saremo giudicati.

Ma da dove si parte per realizzare grandi sogni? Dalle grandi scelte. Il Vangelo oggi ci parla anche di questo. Infatti, nel momento del giudizio finale il Signore si basa sulle nostre scelte. Sembra quasi non giudicare: separa le pecore dalle capre, ma essere buoni o cattivi dipende da noi. Egli trae solo le conseguenze delle nostre scelte, le porta alla luce e le rispetta. La vita, allora, è il tempo delle scelte forti, decisive, eterne. Scelte banali portano a una vita banale, scelte grandi rendono grande la vita. Noi, infatti, diventiamo quello che scegliamo, nel bene e nel male. Se scegliamo di rubare diventiamo ladri, se scegliamo di pensare a noi stessi diventiamo egoisti, se scegliamo di odiare diventiamo arrabbiati,^
se scegliamo di passare ore davanti al cellulare diventiamo dipendenti. Ma se scegliamo Dio diventiamo ogni giorno più amati e se scegliamo di amare diventiamo felici. È così, perché la bellezza delle scelte dipende dall’amore: non dimenticare questo. Gesù sa che se viviamo chiusi e indifferenti restiamo paralizzati, ma se ci spendiamo per gli altri diventiamo liberi. Il Signore della vita ci vuole pieni di vita e ci dà il segreto della vita: la si possiede solo donandola. E questa è una regola di vita: la vita si possiede, adesso e eternamente, solo donandola.

È vero che ci sono degli ostacoli che rendono ardue le scelte: spesso il timore, l’insicurezza, i perché senza risposta, tanti perché. L’amore, però, chiede di andare oltre, di non restare appesi ai perché della vita aspettando che dal Cielo arrivi una risposta. La risposta è arrivata: è lo sguardo del Padre che ci ama e ci ha inviato il Figlio. No, l’amore spinge a passare dai perché al per chi, dal perché vivo al per chi vivo, dal perché mi capita questo al per chi posso fare del bene. Per chi? Non solo per me: la vita è già piena di scelte che facciamo per noi stessi, per avere un titolo di studio, degli amici, una casa, per soddisfare i propri interessi, i propri hobby. Ma rischiamo di passare anni a pensare a noi stessi senza cominciare ad amare. ^
Il Manzoni diede un bel consiglio: «Si dovrebbe pensare più a far bene, che a star bene: e così si finirebbe anche a star meglio» (I Promessi Sposi, cap. XXXVIII).

Ma non ci sono solo i dubbi e i perché a insidiare le grandi scelte generose, ci sono tanti altri ostacoli, tutti i giorni. C’è la febbre dei consumi, che narcotizza il cuore di cose superflue. C’è l’ossessione del divertimento, che sembra l’unica via per evadere dai problemi e invece è solo un rimandare il problema. C’è il fissarsi sui propri diritti da reclamare, dimenticando il dovere di aiutare. E poi c’è la grande illusione sull’amore, che sembra qualcosa da vivere a colpi di emozioni, mentre amare è soprattutto dono, scelta e sacrificio. Scegliere, soprattutto oggi, è non farsi addomesticare dall’omologazione, è non lasciarsi ^
anestetizzare dai meccanismi dei consumi che disattivano l’originalità, è saper rinunciare alle apparenze e all’apparire. Scegliere la vita è lottare contro la mentalità dell’usa-e-getta e del tutto-e-subito, per pilotare l’esistenza verso il traguardo del Cielo, verso i sogni di Dio. Scegliere la vita è vivere, e noi siamo nati per vivere, non per vivacchiare. Questo lo ha detto un giovane come voi [il Beato Pier Giorgio Frassati^
]: “Io voglio vivere, non vivacchiare”.

Ogni giorno, tante scelte si affacciano sul cuore. Vorrei darvi un ultimo consiglio per allenarsi a scegliere bene. Se ci guardiamo dentro, vediamo che in noi sorgono spesso due domande diverse. Una è: che cosa mi va di fare? È una domanda che spesso inganna, perché insinua che l’importante è pensare a sé stessi e assecondare tutte le voglie e le pulsioni che vengono. Ma la domanda che lo Spirito Santo suggerisce al cuore è un’altra: non che cosa ti va? ma che cosa ti fa bene? Qui sta la scelta quotidiana, che cosa mi va di fare o che cosa mi fa bene? Da questa ricerca interiore possono nascere scelte banali o scelte di vita, dipende da noi. Guardiamo a Gesù, chiediamogli il coraggio di scegliere quello che ci fa bene, per camminare dietro a Lui, nella via dell’amore. E trovare la gioia. Per vivere, e non vivacchiare.


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Parole del Santo Padre al termine della Messa

Al termine di questa celebrazione eucaristica, saluto cordialmente tutti voi qui presenti e quanti ci seguono attraverso i media. Un saluto particolare va a voi giovani, giovani panamensi e portoghesi, rappresentati da due delegazioni che, tra poco, faranno il significativo gesto del passaggio della Croce e dell’icona di Maria Salus Populi Romani, simboli delle Giornate Mondiali della Gioventù. È un passaggio importante nel pellegrinaggio che ci condurrà a Lisbona nel 2023.

E mentre ci prepariamo alla prossima edizione intercontinentale della GMG, vorrei rilanciare anche la sua celebrazione nelle Chiese locali. Trascorsi trentacinque anni dall’istituzione della GMG, dopo aver ascoltato diversi pareri e il Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita, competente sulla pastorale giovanile, ho deciso di trasferire, a partire dal prossimo anno, la celebrazione diocesana della GMG dalla Domenica delle Palme alla Domenica di Cristo Re. Al centro rimane il Mistero di Gesù Cristo Redentore dell’uomo, come ha sempre sottolineato San Giovanni Paolo II, iniziatore e patrono delle GMG.

Cari giovani, gridate con la vostra vita che Cristo vive, che Cristo regna, che Cristo è il Signore! Se voi tacerete, vi assicuro che grideranno le pietre (cfr Lc 19,40).
P. Marius - Gratitudine e rispetto per ogni persona - i dieci lebbrosi
I Quaresima 2019 - P. Marius N'sa

Il Vangelo di questa domenica ci invita a riconoscere con stupore e gratitudine i doni di Dio. Infatti, Gestì incontra dieci lebbrosi, che gli vanno incontro, si fermano a distanza e gridano la propria sventura a quell'uomo in cui il loro essere ha intuito un possibile salvatore : «Gesù, maestro, abbi pietà di noi!». Sono malati, e cercano qualcuno che li guarisca. Gesti, pieno di compassione esaudirà il loro grido e li guarirà.

Oggi, siamo tutti invitati a riflettere sul comportamento dei lebbrosi e in modo partecolare su quello del samaritano che torna indietro per ringraziare Gesù. La lebbra è una malattia, di cui oggi non si parla tanto. I lebbrosi erano portatori di una malattia che veniva associata a una condizione di peccato, a una maledizione. Per motivi igienici, i lebbrosi considerati degli "impuri" da evitare, esclusi, lasciati in solitudine, venivano messi ai margini della società. Oggi ci sono diverse forme di lebbra che fanno soffrire le persone che ci chiedono spesso aiuto.

Come rispondiamo? Come Gesù in modo concreto o con indifferenza? Oggi ancora ci sono tante persone considerate peccatori, quindi condannate dalla società e forse anche da noi cristiani. Oggi ancora sono tante le persone disprezzate, le persone che subiscono razzismo e discriminazioni diverse anche da parte di cristiani in tutti paesi. Oggi ancora con il nostro silenzio spesso complice, partecipiamo anche noi alla sofferenza dagli altri,

Fino a quando saremo complici di tutte queste sofferenze? Gesti, accogliendo questi malati esclusi ci dice che tutti gli uomini sono figli di Dio e meritano rispetto e considerazione. La fede in Dio va oltre le considerazione razziali e aiuta l'uomo a ritrovare la propria dignità.

Ecco l'invito del profeta Isaia nella prima lettura: "Osservate il diritto e praticate la giustizia perché la mia salvezza sta per venire, la mia giustizia sta per rivelarsi. Beato l'uomo che così agisce", L'impegno dei cristiani è quindi osservare il diritto e la giustizia verso tutte le persone e tutti i popoli.

Quale salvezza aspettiamo quando non siamo giusti? Gesù chiede anche a ognuno di noi di tornare indietro. Cosa significa oggi tornare indietro? Vuol dire cambiare vita, cambiare mentalità per seguire strada di Dio che si oppone a quella del mondo. Vuol dire apprezzare la nuova vita con Dio e guardare con amore e compassione le persone emarginate e disprezzate. Chiedendo loro di andare a presentarsi ai sacerdoti secondo la Legge, Gestì voleva cosi integrare nella società questi emarginati.

Solo chi ha la coscienza del proprio limite e del proprio peccato non giudica, non disprezza, non emargina ma tenta di dare il proprio apporto di solidarietà per il bene degli altri.

Domanda: "Quali sono I miei rapporti con le persone escluse, lasciate in disparte?" Carissimi, anche oggi, il Signore è all'opera nella vita dei suoi figli per colmare la loro vita di felicità e di salvezza. Egli compie miracoli ogni giorno nella vita di tutti ma ha bisogno della loro fede per salvarli. Il miracolo guarisce ma non salva, la fede si. Nove sono detti "guariti", solo il decimo si è "salvato" perché è tornato indietro per incontrare il Signore.

A che serve sentirsi miracolato, se poi non salvo la mia anima ? Questa pagina del vangelo ci invita ad andare in profondità per cercare oltre la guarigione fisica, oltre i segni visibili.

Il solo samaritano raggiungerà la salvezza tornando indietro ad esprimere la propria gratitudine per il dono ricevuto. La scorsa domenica, Gesù aveva elogiato la fede del centurione e ci aveva esortati ad avere una fede ardente che nasce da un cuore buono e umile.

Quanto è importante saper ringraziare, saper lodare per quanto il Signore fa per noi, E allora possiamo domandarci: siamo capaci di dire grazie? Quante volte ci diciamo grazie in famiglia, in comunità, nella Chiesa? a chi ci aiuta, a chi ci è vicino, a chi ci accompagna nella vita? Spesso diamo tutto per scontato ! E questo avviene anche con Dio. È facile andare dal Signore a chiedere qualcosa, ma tornare a ringraziarlo sembra piu faticoso ? La fede non è un dono che Dio dà ad alcuni, ma la risposta degli uomini al dono d'amore che Dio fa a tutti. Il samaritano ci aiuta a comprendere che noi, esseri umani, non abbiamo meriti o diritti davanti a Dio.

Siamo tutti deboli e fragili. Dice appunto san Paolo nella seconda lettura: "Infatti io faccio non quello che voglio, ma quello che detesto se privo della grazia di Dio". Carissimi, tutto ci è dato per grazia, tutto ci è dato come dono, cominciando dal dono della propria vita. La fede è saper rispondere positivamente a quegli avvenimenti che la vita ci fa incontrare.

I dieci lebbrosi sono stati guariti quando hanno obbedito alla parola di Gesù di andarare dai sacerdoti a presentarsi. Qual'è il mio rapporto con la parola ?

P. Marius N'sa - 10 marzo 2019 - Santa Croce - Milano
P. Marius - Attingere con fede dall'acqua viva che è Gesù
II Quaresima 2019 - P. Marius N'sa

Ogni creatura umana è un essere affamato di felicità, di pace, di serenità ed è assetato d’amore e di speranza. Solo Dio puo colmare questa fame e questa sete e darci la piena soddisfazione come ci insegna sant’Agostino nel suo libro Confessioni: “Ci hai creato per te, o Dio, ed il nostro cuore rimane inquieto fino a quando non riposa in Te“.

In questa seconda domenica di quaresima, la liturgia ci invita ad attingere con fede dall’acqua viva che è Gesù, sorgente di benedizione, di pace, di serenità e di felicità. Siamo tutti chiamati a rifletere su quattro punti che ci aiuteranno a vivere bene questo tempo di conversione.

1. Lasciarsi guidare dalla Parola di Dio

Infatti, l’uomo è stato creato per vivere in società e a tutti i suoi, il Signore ha lasciato la sua legge per condurgli sulla via della benedizione e della felicità. Dice il Signore: Vedete, io pongo oggi davanti a voi benedizione e maledizione: la benedizione, se obbedirete ai comandi del Signore, vostro Dio, che oggi vi do; la maledizione, se non obbedirete ai comandi del Signore, vostro Dio cioè risponderemo per tutti i nostri atti: buoni e cattivi. Carissimi, molto spesso, la nostra infelicità è legata a un profondo desiderio di libertà. Il Signore attraverso la sua legge di amore ci invita a vivere la libertà vera che è seguire questa legge. La nostra libertà si manifesta quando seguiamo la legge. La quaresima ci chiama a nutrirsi della Parola di Dio, fonte di ogni bene. E cosi potremo portare i pesi gli uni dagli altri come ci esorta san Paolo. Sono un cristiano che segue la legge del Signore o la mia legge? Cosa rappresenta per me la Parola di Dio? La legge del Signore è perfetta,
rinfranca l’anima; il comando del Signore è limpido, illumina gli occhi” dice il salmo.

2. Bere dell’acqua della fede per non piu avere sete.

“Chiunque beve di quest’acqua avrà di nuovo sete: ma chi berrà dell’acqua che io gli darò, non avrà più sete in eterno”. Abbiamo sete di tante cose nella nostra vita. I nostri bisogni sono numerosi e diversi. Oggi Gesù ci rassicura dicendoci che solo la sua acqua puo colmare la nostra sete. Ma cosa è quest’acqua che puo colmare tutte le nostre sete? Non è la fede che sola puo trasformare la nostra vita? Sono un cristiano con fede o senza fede? Come vivo quotidianamente la mia fede?

3. La vera adorazione è quella che si fa in spirito e verità.

Dice il vangelo: Dio è spirito, e quelli che lo adorano, cioè lo riconoscono seguendo la sua legge e si affidano a lui, possono raggiungerlo solo attraverso la verità, cioè la coerenza fra fede e opere nella loro quotidianita. Dio vuole essere adorato con sincerità cioè con una vita sbarazzata di tutte le apparenze. “L’identità cristiana non è una carta d’identità. L’identità cristiana è un’appartenenza alla Chiesa e il vissuto odierno della fede. La vera adorazione ci mette in gioco per il compimento di un mondo migliore. Fratelli, la preghiera senza azione è un’anima senza corpo. In questo mondo pieno di falsità, di cattiveria e di ingiustizia, il Signore ci invita a vivere nella verità per essere liberi.. «Conoscerete la verità e la verità vi farà liberi» (Gv 8,32). Basta con questa doppia vita piena di ipocrisia Scegliamo oggi la via della benedizione seguendo la via del Signore.



4. Non avere pregiudizi sulle persone ma cercare di vedere in ogni persona la propria dignita

Infine, ilvangelo di oggi ci addità come andare verso gli altri. Gesù ha avvicinato la samaritana e le ha chiesto da bere; si è messo cioè in dialogo diretto con chi a quel tempo era discriminato dei giudei. Dunque questa è la via per noi : non avere mai pregiudizi verso gli altri ma cercare di vedere nel prossimo la sua dignita per esaltarla.

Nel vangelo infatti, noi vediamo che attraverso l’opera di Gesù, tutti i peccatori, i malvagi e i condannati vengono salvati, cioè per ognuno di loro esiste la speranza di una vita normale. Il rapporto con Gesù cambia la vita: Questa persona che evitava la gente è diventata apostolo . Ecco il mistero della fede. L’incontro di Gesù con la samaritana ci spinge tutti ad avere un culto per la persona umana soprattutto per le persone deboli. Chiediamo su tutti noi la grazia di Dio per una vita nuova.


P. Marius N'sa - 17 marzo 2019 - Santa Croce - Milano
P. Marius - Il vangelo della samaritana
III di Quaresima 2019 - P. Marius N'sa

Il vangelo della samaritana che abbiamo sentito la scorsa domenica ci ha fatto capire che lo sguardo di Gesù sui peccatori è uno sguardo che non giudica né condanna, ma ama, ha pazienza e crede in una vita nuova. Per avere questo sguardo di Gesù , la prima lettura ci ha invitato ad avere un rapporto stretto con la Parola di Dio meditandola ed osservandola.

In questa domenica detta di Abramo, il vangelo ci invita a rimanere nella Parola di Dio per essere suoi discepoli. Dice : “Se rimanete nella mia parola, siete davvero miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi”. Ecco la consegna evangelica per una vita pienamente realizzata. Ma come rimanere nella parola di Gesù? Rimanere in Gesù è vivere la propria fede ogni giorno, fare le stesse cose che faceva Lui: fare il bene, aiutare i poveri e i bisognosi , e vivere serenamente ogni istante della vita. Rimanere in Gesù significa essere unito a Lui per ricevere la vita e l’amore da Lui; significa abituarsi e conoscere le sue parole.

Oggi ancora, il Signore vuole suscitare vari profeti nel suo popolo. “ Io susciterò loro un profeta in mezzo ai loro fratelli e gli porrò in bocca le mie parole ed egli dirà loro quanto io gli comanderò” dice il Signore. Persona scelta da Dio, Il profeta è il portavoce ufficiale di Dio. Come possiamo vivere il nostro impegno battesimale come profeti se noi non rimaniamo nella parola di Gesù?

Carissimi, siamo tutti stati scelti dal Signore per annunziare la sua Parola. Dice Gesù: “ Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga”. Il Signore ci invita oggi a rimanere nella sua parola. L’espressione parola traduce l’Ebraico, “Dabar” che vuole dire contemporaneamente “Parola” e “Fatto. La Parola che siamo invitati ad annunciare ad ogni istante della nostra vita è sacra e anche azione quindi ci esorta ad una coerenza di vita cioè a vivere nella verità. Gesù è Signore e le sue opere sono verità, giustizia, e perdono.

Egli fa una distinzione perfetta tra bene e male, verità e falsità. Ci sono troppe confusioni nella nostra vita. Chi è cristiano, chi è figlio di Dio non fa male agli altri ma rimane nell’amore di Gesù e fa distinzione fra male e bene. Ai Giudei Gesù dice: “Voi fate le opere del padre vostro”. Domanda: Da quale padre provengono tutte le mie opere? Quale sentimento ispira tutte le mie opere? L’amore o altri sentimenti?

Viviamo oggi in una società confusa che non ha più punti di riferimento perché non ha più fede. Dio non c’è più. Una società cosi, senza Dio è una società persa. Gli esempi sono numerosi: assassinio degli innocenti, desacralizzazione della famiglia, fallimento dei matrimoni, idolatria sotto diverse forme, malatie psicologiche. Chi è il nostro punto di riferimento ?. I giudei avevano Abramo come punto di riferimento. Ma questo non basta. Bisogna vivere come Abramo. “Se foste figli di Abramo, fareste le opere di Abramo” dice loro Gesù. Non basta essere cristiani. Bisogna vivere da cristiani.

A tutti noi oggi il Signore dice: Se rimanete nella mia parola, siete davvero miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi. Chi non vuole essere libero? Proviamo oggi questa nuova libertà che ci propone il Signore, a noi che siamo schiavi di tante cose e di tanti peccati . Rimanere nella parola di Gesù e essere i suoi discepoli è diventare persone corrette, giuste e vivere da profeti.

Cosa significa oggi essere profeti? * Avere un rapporto di fede con il Signore attraverso una vita di preghiera, di meditazione e nutrirsi dei sacramenti * Avere una coerenza di vita cioè vivere quotidianamente la fede nelle piccole cose. * Vivere ed annunciare la verita e denunciare l’ingiustizia senza paura come ha fatto l’arcivescovo Oscar Romero, di cui celebriamo oggi l’anniversario, ucciso durante la messa il 24 Marzo 1980 perché difendeva i piu poveri.

Diceva per esempio: “È inconcepibile che qualcuno si dica cristiano e non assuma, come Cristo, un’opzione preferenziale per i poveri. È uno scandalo che i cristiani di oggi critichino la Chiesa perché pensa “in favore dei poveri”.

Rimanere nella parola di Gesù ci indica la via dei poveri.


P. Marius N'sa - 24 marzo 2019 - Santa Croce - Milano
P. Marius - La preghiera e il cieco nato
IV di Quaresima 2019 - P. Marius N'sa

La scorsa domenica, Gesù ci ha invitato a rimanere nella sua parola cioè a leggerla, a conoscerla e a metterla in pratica per essere suoi discepoli.

Rimanere nella parola di Gesù è quindi mettere Dio prima e l’uomo al centro di tutto. In questa quarta domenica, siamo tutti invitati a dare spazio al Signore attraverso una vita di preghiera ed a lasciarci guidare da lui, luce del mondo. Infatti, la prima lettura odierna ci fa capire l’importanza della preghiera.

Chi prega, chi se affida al Signore non è mai abbandonato da lui ma ha una garanzia sicura di vittoria in tutte le lotte e vicende della vita. Il Signore lo accompagnerà sempre perché ha fatto con lui alleanza attraverso l’acqua del battesimo. “Quando Mosè alzava le mani, Israele prevaleva; ma quando le lasciava cadere, prevaleva Amalèk” cioè il nemico.

Qual è il nostro rapporto con la preghiera sopratutto in questo tempo di quaresima? Sono consapevole che la preghiera è un incontro d’amore con il Signore, incontro che devo privilegiare ogni giorno anche per un attimo? Come posso avere una vita serena e felice io cristiano senza nessun rapporto di preghiera con Dio? ‘’Finché io sono nel mondo, sono la luce del mondo’’

Qual’è il mio rapporto con questa luce che è Gesù ? Secondo Carlo Carletto nelle Lettere dal deserto, ”Noi siamo cio che preghiamo. Il grado della nostra fede è il grado della nostra preghiera: La forza della nostra speranza è la forza della nostra preghiera: il calore della nostra carità è il calore della nostra preghiera”.

Carissimi, oggi questa pagina del vangelo secondo Giovanni ci invita ad avere una fede piu grande in Gesù attraverso la storia del cieco nato.

Infatti, il cieco nato era considerato come un peccatore castigato da Dio. Ma Gesù che è venuto per liberare gli uomini e dare a loro la felicità attraverso questa guarigione ha ridato a questo cieco la propria dignità di figlio di Dio perché l’aveva perso sofferendo e mendicando. Paul Claudel scrittore francese scrive: “Cristo non è venuto a spiegare la sofferenza ma a riempirla della sua presenza.”

Ecco la risposta ai nostri diversi perché sul male nel mondo. Non sono forse io questo cieco anonimo, che non vedo quello che Dio ha fatto e fa per me nella mia vita? Non siamo forse tutti noi chiusi nella cecità dell’orgoglio religioso al punto di crederci cristiani migliori degli altri? Non siamo forse tutti noi chiusi nella cecità dell’orgoglio sociale che ci fa pensare di essere superiori agli altri?

Sempre e oggi più che mai, l'uomo è cieco cioè incapace di vedere e di orientarsi verso il bene perché rifiuta la sorgente della vera luce, Dio. Infatti, quanti di noi sono indifferenti ai grandi problemi del presente? Quanti sono sordi alle richieste di aiuto anche del vicino di casa?

Quanti di noi in famiglia, nel luogo di lavoro, nella società non rispondono generosamente alle necessità del coniuge, del figlio, del collega o dell’ amico, perché chiusi nel buio del proprio egoismo. E le conseguenze di questa perdita di luce interiore o di fede si vedono ogni giorno: nei notiziari, si parla di morte, di sofferenza, di incomprensioni e di sfruttamento dell’ uomo.

Anche a ognuno di noi oggi il Signore, luce del mondo vuole aprire gli occhi. Crediamo davvero in lui? Come dice don Sergio Didonè: “ a tutti coloro che sono immersi nell’oscurità della notte, perché si sentono soli, abbandonati, giudicati, trattati come fossero un problema su cui discutere prima che un grido da ascoltare, Gesù promette la sua vicinanza e la condivisione della sua sofferenza che libera da ogni possibile umiliazione”.

Il Signore ci esorta tutti a tornare al fonte battesimale cioè a vivere i nostri impegni per avere la salvezza come al cieco ha chiesto di andare alla piscina di Siloe per essere guarito.

Per finire, come dice san Paolo nella seconda lettura, non dormiamo dunque come gli altri ciechi della società, ma vigiliamo e siamo sobri cioè mettiamoci ora all’opera.


P. Marius N'sa - 31 marzo 2019 - Santa Croce - Milano
P. Marius - Chi morirà, vivrà, lo credi ? Lazzaro
V di Quaresima 2019 - P. Marius N'sa

Viviamo oggi la quinta domenica di quaresima e la parola di Dio ci prepara al grande mistero della redenzione che celebreremo fra poco. Infatti, in questa domenica detta di Lazzaro, il Signore si presenta come “la risurrezione e la vita” cioè la vittoria su tutte nostre vicende: malatia, solitudine e ogni altra avversità ché ci aiuta a sopportare serenamente.

Oggi, il Signore ci chiama tutti ad uscire dai nostri diversi luoghi di morte cioè ad abbandonare nella nostra vita tutto ciò che non ci dà gioia, libertà e vita. Quanto numerosi questi tristi episodi della nostra vita. Come sono numerosi i nostri comportamenti sbagliati che ci conducono a diverse forme di morte! Il Signore Gesù esorta ognuno di noi ad uscire fuori della propria tomba cioè ad avere comportamenti che danno senso alla nostra vita e a quella degli altri.

Carissimi, il Signore Gesù è venuto appunto per dare senso alla nostra vita e per riempirla della sua presenza.

Ma, Egli aspetta la nostra professione di fede: "chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno. Credi questo ?"

Ecco la domanda alla quale siamo invitati a rispondere ogni giorno attraverso il nostro agire, perché credere in Gesù ci chiede una vita centrata sull'amore.

Oggi, siamo in tanti a credere in modo superficiale. Ci accontentiamo di conoscere la dottrina, di essere in regola con i precetti della chiesa, di fare qualche offerta: ma questo non basta.

La vita cristiana ci chiede una testimonianza, un vissuto quotidiano, un passo qualitativo nella fede. La vita cristiana ci chiede di passare dal sapere al credere e al fare perché solo la fede in Dio ci farà vivere in eterno. Oggi il Signore invita, anche noi, a credere davvero in Lui; credere che significa fare esprerienza con Lui cosi Egli ascolterà il nostro grido. "Allora gridammo al Signore, al Dio dei nostri padri, e il Signore ascoltò la nostra voce" dice Mosè nella prima lettura. Il Signore è attento al grido dei suoi figli. "Questo povero grida e il Signore lo ascolta, lo libera da tutte le sue angosce. L'angelo del Signore si accampa attorno a quelli che lo temono e li salva" dice il salmo 33.

La scorsa domenica il Signore ci invitava a lasciarci guidare da lui, luce del mondo, per avere gli occhi aperti sul mondo per poter vivere una vita serena e felice. La pagina del vangelo di oggi ci fa capire che noi non abbiamo piu motivi di tritezza, perché abbiamo un Signore che è capace di condividere la nostra condizione umana.

Che bello sentire un Dio cosi vicino ai suoi figli al punto di piangere con loro! Ogni giorno il Signore si manifesta nella vita dei suoi figli.

Fratelli e sorelle, il Signore ci è vicino perché ci vuole accompagnare pian piano verso la serenità, la felicità e verso la santità. Parlando di santità papa Francesco dice nell'esortazione apostolica Gaudete et exsultate: "La santità non è un privilegio di pochi donne e uomini straordinari, ma è un cammino che tutti dobbiamo percorrere con gioia".

Chiediamo al Signore la grazia di poter uscire delle nostre diverse tombe per dare senso alla nostra vita e a quella degli altri.


P. Marius N'sa - 6 aprile 2019 - Santa Croce - Milano

P. Cantalamessa - Pasqua, i disprezzati
Venerdì Santo, 19 aprile 2019

da cantalamessa.org

"Disprezzato e reietto dagli uomini,

uomo dei dolori che ben conosce il patire,

come uno davanti al quale ci si copre la faccia;

era disprezzato e non ne avevamo alcuna stima”.

Sono le parole profetiche di Isaia con cui è iniziata la liturgia odierna della parola. Il racconto della passione che è seguito ha dato un nome e un volto a questo misterioso uomo dei dolori, disprezzato e reietto dagli uomini: il nome e il volto di Gesú di Nazareth. Oggi vogliamo contemplare il Crocifisso proprio in questa veste: come il prototipo e il rappresentante di tutti i reietti, i diseredati e gli "scartati” della terra, quelli davanti ai quali si volta la faccia da una altra parte per non vedere.

Gesú non ha cominciato ora, nella passione, ad esserlo. In tutta la sua vita egli ha fatto parte di loro. È nato in una stalla perché per i suoi "non c'era posto nell'albergo” (Lc 2,7). Nel presentarlo al tempio i genitori offrirono "una coppia di tortore o due giovani colombi”, l'offerta prescritta dalla legge per i poveri che non potevano permettersi di offrire un agnello (cf. Lev 12,8). Un vero e proprio certificato di povertà nell'Israele di allora. Durante la sua vita pubblica, non ha dove posare il capo (Mt 8,20): è un senzatetto.

E arriviamo alla passione. Nel racconto di essa c'è un momento sul quale non ci si sofferma spesso, ma che è carico di significato: Gesú nel pretorio di Pilato (cf. Mc 15, 16-20). I soldati hanno notato, nello spiazzo adiacente, un cespuglio di rovi; ne hanno colto un fascio e glielo hanno calcato sul capo; sulle spalle, ancora sanguinanti per la flagellazione, gli hanno poggiato un manto da burla; ha le mani legate con una rozza corda; in una mano gli hanno messo una canna, simbolo irrisorio della sua regalità. È il prototipo delle persone ammanettate, sole, in balia di soldati e sgherri che sfogano sui poveri malcapitati la rabbia e la crudeltà che hanno accumulato nella vita. Torturato!

"Ecce homo!”, Ecco l'uomo!, esclama Pilato, nel presentarlo di lì a poco al popolo (Gv 19,5). Parola che, dopo Cristo, può essere detta della schiera senza fine di uomini e donne avviliti, ridotti a oggetti, privati di ogni dignità umana. "Se questo è un uomo”: lo scrittore Primo Levi ha intitolato così il racconto della sua vita nel campo di sterminio di Auschwitz. Sulla croce, Gesú di Nazareth diventa l'emblema di tutta questa umanità "umiliata e offesa”. Verrebbe da esclamare: "Reietti, rifiutati, paria di tutta la terra: l'uomo più grande di tutta la storia è stato uno di voi! A qualunque popolo, razza o religione apparteniate, voi avete il diritto di reclamarlo come vostro.

* * *

Uno scrittore e teologo afro-americano che Martin Luther King considerava suo maestro e ispiratore della lotta non violenta per i diritti civili, ha scritto un libro intitolato "Jesus and the Disinherited” , Gesú e i diseredati. In esso, egli fa vedere che cosa la figura di Gesú aveva rappresentato per gli schiavi del Sud, di cui lui stesso era un diretto discendente. Nella privazione di ogni diritto e nella abiezione più totale, le parole del Vangelo che il ministro di culto negro ripeteva, nell'unica riunione ad essi consentita, ridavano agli schiavi il senso della loro dignità di figli di Dio.

In questo clima sono nati la maggioranza dei canti negro-spiritual che ancora oggi commuovono il mondo . Al momento dell'asta pubblica essi avevano vissuto lo strazio di vedere le mogli separate spesso dai mariti e i genitori dai figli, venduti a padroni diversi. È facile intuire con che spirito essi cantavano sotto il sole o nel chiuso delle loro capanne: "Nobody knows the trouble I have seen. Nobody knows, but Jesus”: Nessuno sa il dolore che ho provato; nessuno, tranne Gesú”.

* * *

Questo non è l'unico significato della passione e morte di Cristo e neppure il più importante. Il significato più profondo non è quello sociale, ma quello spirituale. Quella morte ha redento il mondo dal peccato, ha portato l'amore di Dio nel punto più lontano e più buio in cui l'umanità si era cacciata nella sua fuga da lui, cioè nella morte. Non è, dicevo, il senso più importante della croce, ma è quello che tutti, credenti e non credenti, possono riconoscere ed accogliere.

Tutti, ripeto, non solo i credenti. Se per il fatto della sua incarnazione il Figlio di Dio si è fatto uomo e si è unito all'umanità intera, per il modo in cui è avvenuta la sua incarnazione egli si è fatto uno dei poveri e dei reietti, ha sposato la loro causa. Si è incaricato di assicurarcelo lui stesso, quando ha solennemente affermato: "Quello che avete fatto all' affamato, all'ignudo, al carcerato, all'esiliato, lo avete fatto a me; quello che non avete fatto ad essi non lo avete fatto a me” (cf. Mt 25, 31-46).

Ma non possiamo fermarci qui. Se Gesú non avesse che questo da dire ai diseredati del mondo, non sarebbe che uno in più tra di loro, un esempio di dignità nella sventura e nulla più. Anzi, sarebbe una prova ulteriore a carico di Dio che permette tutto questo. È nota la reazione indignata di Ivan, il fratello ribelle dei Fratelli Karamazov di Dostoevskij, quando il pio fratello minore Alioscia gli nomina Gesú: "Ah, si tratta dell' 'Unico senza peccato' e del sangue Suo, vero? No, non mi ero scordato di Lui: e mi meravigliavo, anzi, mentre si discuteva, come mai tu tardassi tanto a venirmi fuori con Lui, giacché comunemente, nelle discussioni, tutti quelli della parte vostra mettono innanzi Lui prima d'ogni altra cosa” .

Il Vangelo infatti non si ferma qui; dice anche un'altra cosa, dice che il crocifisso è risorto! In lui è avvenuto un rovesciamento totale delle parti: il vinto è diventato il vincitore, il giudicato è diventato il giudice, "la pietra scartata dai costruttori è diventata testata d'angolo” (cf. Atti 4,11). L'ultima parola non è stata, e non sarà mai, dell'ingiustizia e dell'oppressione. Gesú non ha ridato soltanto una dignità ai diseredati del mondo; ha dato loro una speranza!

Nei primi tre secoli della Chiesa la celebrazione della Pasqua non era distribuita come ora in diversi giorni: Venerdì Santo, Sabato Santo e Domenica di Pasqua. Tutto era concentrato in un solo giorno. Nella veglia pasquale si commemorava sia la morte che la risurrezione. Più precisamente: non si commemorava né la morte né la risurrezione come fatti distinti e separati; si commemorava piuttosto il passaggio di Cristo dall'una all'altra, dalla morte alla vita. La parola "pasqua” (pesach) significa passaggio: passaggio del popolo ebraico dalla schiavitù alla libertà, passaggio di Cristo da questo mondo al Padre (cf. Gv 13,1) e passaggio dei credenti in lui dal peccato alla grazia.

È la festa del capovolgimento operato da Dio e realizzato in Cristo; è l'inizio e la promessa dell'unico rovesciamento totalmente giusto e irreversibile nelle sorti dell'umanità. Poveri, esclusi, appartenenti alle diverse forme di schiavitù ancora in atto nella nostra società: Pasqua è la vostra festa!

* * *

La croce contiene un messaggio anche per coloro che stanno sull'altra sponda: per i potenti, i forti, quelli che si sentono tranquilli nel loro ruolo di "vincenti”. Ed è un messaggio, come sempre, d'amore e di salvezza, non di odio o di vendetta. Ricorda loro che alla fine essi sono legati allo stesso destino di tutti; che deboli e potenti, inermi e tiranni, tutti sono sottoposti alla stessa legge e agli stessi limiti umani. La morte, come la spada di Damocle, pende sul capo di ognuno, appesa a un crine di cavallo. Mette in guardia dal male peggiore per l'uomo che è l'illusione dell'onnipotenza. Non occorre andare troppo indietro nel tempo, basta ripensare alla storia recente per renderci conto di quanto questo pericolo sia frequente e porti persone e popoli alla catastrofe.

La Scrittura ha parole di saggezza eterna rivolte ai dominatori della scena di questo mondo:

"Imparate, governanti di tutta la terra…

i potenti saranno vagliati con rigore” (Sap 6, 1.6).

"Nella prosperità l'uomo non comprende,

è simile alle bestie che periscono” (Sal 49, 21).

"Che giova all'uomo guadagnare il mondo intero se poi perde o rovina se stesso?” (Lc 9, 25)

La Chiesa ha ricevuto il mandato del suo fondatore di stare dalla parte dei poveri e dei deboli, di essere la voce di chi non ha voce e, grazie a Dio, è quello che fa, soprattutto nel suo pastore supremo.

Il secondo compito storico che le religioni devono, insieme, assumersi oggi, oltre quello di promuovere la pace, è di non rimanere in silenzio dinanzi allo spettacolo che è sotto gli occhi di tutti. Pochi privilegiati posseggono beni che non potrebbero consumare, vivessero anche per secoli e secoli, e masse sterminate di poveri che non hanno un pezzo di pane e un sorso d'acqua da dare ai propri figli. Nessuna religione può rimanere indifferente, perché il Dio di tutte le religioni non è indifferente dinanzi a tutto ciò.

* * *

Torniamo alla profezia di Isaia da cui siamo partiti. Essa inizia con la descrizione della umiliazione del Servo di Dio, ma si conclude con la descrizione della sua finale esaltazione. È Dio che parla:

"Dopo il suo intimo tormento vedrà la luce […]

Io gli darò in premio le moltitudini,

dei potenti egli farà bottino,

perché ha spogliato se stesso fino alla morte

ed è stato annoverato fra gli empi,

mentre egli portava il peccato di molti

e intercedeva per i peccatori”.

Fra due giorni, con l'annuncio della risurrezione di Cristo, la liturgia darà un nome e un volto anche a questo trionfatore. Vegliamo e meditiamo nell'attesa.

P. Marius - Pasqua
Pasqua 2019

Cristo è risorto dai morti, a tutti ha donato la vita Alleluia Alleluia !

Celebriamo oggi il cuore della nostra fede: La risurrezione di Cristo. Se Cristo non è risorto, vana è la vostra fede diceva san Paolo ai Corinzi. Questa solennità ci invita a risorgere con il Signore Gesù cioè ad uscire del sepolcro della tristezza per vivere una nuova vita piena di gioia.

E' vero i motivi per essere tristi ci sono: malatia, morte di una cara persona, solitudine insopportabile, angoscia e difficoltà economiche. E' vero che noi abbiamo tutte queste difficoltà ma riconosciamo comunque che la vita è bella, bella perché fatta con amore.

Infatti il tempo di pasqua è il tempo per eccellenza della gioia perché il risorto ci accompagna sempre e dappertutto.

La domanda che mi faccio è: che cosa dice oggi a me la Pasqua? Credo davvero in questa resurrezione di Cristo? Carissimi, Se Cristo non è risorto, vana è la nostra fede.

La risurrezione che noi celebriamo oggi è un evento di liberazione che inizia un cammino di fede per tutta la vita.

E nonostante le mancanze e le debolezze di noi uomini, ogni giorno Dio continua a “passare” in mezzo al suo popolo, ad assisterlo e a salvarlo.

La resurrezione è quindi la luce che illumina ogni sofferenza umana. A tutti noi oggi il Signore dice: “riceverete la forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi”. Siamo disposti ad accogliere questa forza dallo Spirito Santo? Abbiamo un contatto quotidiano con lui? Fratelli e sorelle, il risorto, vincitore della passione ci accompagna sempre e ci dà la forza di sopportare con pazienza le nostre prove.

Perché viviamo sempre nella tristezza quando il Signore è morto sulla croce per la nostra pace e per la nostra salvezza? Carissimi, la celebrazione della Pasqua ci invita ad avere una fede sincera in Gesù risorto per rinascere con lui e per avere una nuova vita. Oggi celebriamo con grande gioia la vittoria della vita sulla passione e sulla morte.

Ma possiamo celebrare bene la vita quando abbiamo alcuni fratelli ancora nel sepolcro della sofferenza e senza dignità costretti a vivere ai margini della società? quando i nostri giovani sono senza speranza, senza lavoro, senza prospettive? Non abbiamo il diritto di essere indifferenti. Dobbiamo fare qualcosa e il Risorto appunto ci dà la forza.

Non basta compatire, non basta piangere. Donna perché piangi? Ha chiesto Gesù a Maria e dopo dice "Va dai miei fratelli e di' loro". Oggi ancora Il Risorto ci manda tutti verso i suoi fratelli per annunciare a loro la speranza di una vita nuova.

Il Signore non vuole le nostre lacrime ma la nostra azione concreta.

Dice Gesù: Salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro.

Siamo dunque tutti fratelli e obbligati di vivere insieme. Gesù ci ha salvato e ci invita ad essere anche noi strumenti di salvezza per chi è meno fortunato. La Pasqua è dunque dono da accogliere sempre più profondamente nella fede, per poter operare in ogni situazione, con la grazia di Cristo, secondo la logica di Dio, la logica dell'amore.

La luce della risurrezione di Cristo deve penetrare questo nostro mondo, deve giungere come messaggio di verità e di vita a tutti gli uomini attraverso la nostra testimonianza quotidiana. Infine la celebrazione della resurrezione ci fa capire l'importanza delle donne nel cuore di Dio. Alle donne è stato dato l'impegno ad annunciare la resurrezione.

Jean Charles “Quando Gesù resuscitò si fece vedere prima dalle donne perché la notizia si spargesse più presto.”

Possa il risorto dare gioia, pace e felicità ad ognuno di noi e alle nostre famiglie.
P. Marius N'sa - Pasqua 2019 - Santa Croce - Milano

P. Marius - Domenica della Misericordia
Misericordia 2019

Gesù, io confido in te ! Frase che leggiamo spesso sull'immagine della Divina Misericordia. Celebriamo appunto in questa seconda Domenica di Pasqua la Divina Misericordia. La festa della Divina Misericordia è stata istituita ufficialmente da Giovanni Paolo IInel 1992. Ma questa festa è nata da un'esperienza mistica fra Gesù e la polacca suor Faustina, esperienza nella quale Gesù diceva: "Io desidero che vi sia una festa della Misericordia per far vedere la grandezza del mio cuore e per far capire a tutti gli uomini che ognuno è amato da me e ha un posto nel mio cuore misericordioso.

Secondo papa Giovanni Paolo II:«Al di fuori della misericordia di Dio non c'è nessun'altra fonte di speranza per gli esseri umani». “Solo la Divina Misericordia è infatti in grado di porre un limite al male; solo l'amore onnipotente di Dio può sconfiggere la prepotenza dei malvagi e il potere distruttivo dell'egoismo e dell'odio” nella Domenica della Divina Misericordia, 30 marzo 2008). La misericordia di Dio e il suo amore per noi si presentano come i rimedi contro il male. Essi sono la risposta giusta e vera alla cattiveria; risposta che salva e aiuta a tornare sulla buona strada.

In questa domenica, siamo tutti invitati a non “tacere quello che abbiamo visto e ascoltato” come dice Pietro il traditore che ha beneficato della misericordia di Gesù e della sua grazia al punto da guarire una persona nel nome del Signore. Anche a noi ogni giorno il Signore si manifesta donandoci la vita, la salute, una famiglia, da mangiare e sopratutto lo Spirito Santo che ci accompagna. Ma noi, non sappiamo apprezzare questi doni del Signore che consideriamo meritati o scontati.

La Prima lettura ci invita a riconoscere quello che Dio ha fatto per noi e a testimoniare della sua presenza nella nostra vita. Carissimi, a chi vogliamo obbedire nella nostra vita di ogni giorno? A chi obbediamo: alla voce della nostra coscenza umana o a Dio? Alle nostre paure o al Signore che ci invita all'apertura o alla fraternità.

Ai presidenti dei nostri partiti politici o alla legge del Signore? Se sia giusto dinanzi a Dio obbedire agli uomini invece che a Dio, giudichiamolo noi stessi. Fratelli e sorelle, il risorto ci accompagna sempre malgrado il suo apparente silenzio. La morte fisica di Cristo accaduta venerdi santo ci dà la sua presenza perenne in spirito. La risurrezione è la conferma e il Segno di questa presenza in spirito di Cristo nella vita di tutti i suoi fedeli. “Con lui siamo sepolti nel battesimo, con lui siamo anche risorti mediante la fede nella potenza di Dio secondo l'apostolo Paolo nell'epistola.

Il vangelo odierno ci invita a credere e a riprendere il cammino della penitenza attraverso i ministri della chiesa che hanno ricevuto lo Spirito Santo per questo carico. Come dice papa Francesco: Dio il creatore conosce tutte le nostre fragilità e non si stanca mai di perdonarci. Siamo noi che ci stanchiamo di chiedere perdono.

Gesù parlando attraverso un monaco d'oriente dice a ciascuno di noi: "Conosco la tua miseria, le lotte e le tribolazioni della tua anima, le deficienze e le infermità del tuo corpo: - so la tua viltà, i tuoi peccati, e ti dico lo stesso: "Dammi il tuo cuore, amami come sei..."

Se aspetti di essere un angelo per abbandonarti all'amore, non amerai mai.. Celebriamo la divina misericordia che ci invita alla serenità perché Dio ha un amore partecolare per ognuno di noi. Infine, l'apostolo Tommaso, visto spesso come il simbolo dell'incredulità, ci fa capire che la fede ha bisogno di appoggiarsi sui segni concreti o su una certezza. I nostri diversi dubbi dovrebbero aiutarci a approfondire la nostra fede come questo dubbio di Tommaso che è all'origine di questa professione di fede: Mio Signore e mio Dio.

La resurrezione di Cristo che abbiamo celebrato una settimana fa ne è segno concreto. A tutti noi oggi il risorto fa dono della pace dicendoci tre volte “Pace a voi". Dopo un momento di grande prova e di grande tristezza, il Signore sa che i suoi discepoli avevano bisogno di essere in pace e a ogni eucaristia, il Signore rinnova in noi la sua pace dicendoci: Vi lascio la pace , Vi do la mia pace.
P. Marius N'sa - Misericordia 2019 - Santa Croce - Milano

P. Marius - Cuori sensibili e impegno a testimoniare
III Domenica di Pasqua

La scorsa domenica abbiamo celebrato la Divina Misericordia, festa che ci ha ricordato il grande amore di Dio per ognuno di noi. Avere questa certezza è segno di serenità e di pace di cuore. Dio Padre ama ciascuno di noi al di là del nostro limite di creatura, oltre le nostre pochezze, errori e peccati.

In questa terza domenica di Pasqua, la liturgia della parola ci invita a seguire il Signore Gesù, luce del mondo per non più camminare nelle tenebre cioè ci invita a testimoniare della presenza di Dio nella nostra vita. Come il Cristo Gesù pùo essere luce di questo mondo che sembra abbastanza illuminato con i progressi della scienza?

La liturgia della Parola di questa domenica ci chiama a seguire il Signore Gesù luce del mondo riflettendo su 2 punti: Primo Non avere un cuore insensibile perché Cristo luce del mondo illumina tutte le tenebre delle nostre paure e delle nostre insensibilità e secondo l'impegno per ognuno di noi di testimoniare la propria fede alla luce di Cristo.

1- Non avere un cuore insensibile

“Perché il cuore di questo popolo è diventato insensibile, sono diventati duri di orecchi e hanno chiuso gli occhi” dice San Paolo citando il profeta Isaia. Ecco il cuore che Cristo vuole illuminare, ecco il popolo che Cristo vuole condurre. Questa parola del profeta Isaia è molto attuale.

Il cuore dell'uomo di oggi è diventato insensibile e indifferente. Come dice lo scritore irlandese George Bernard Shaw: “ Il peggior peccato contro i nostri simili non è l'odio ma l'indifferenza: questa è l'essenza della mancanza di umanità”. Quanti esempi abbiamo in giro!

Carissimi, un cuore nel quale Dio non è al primo posto diventa insensibile e superficiale e questo cuore ode senza capire e guarda senza vedere. Un cuore cosi è nelle tenebre e ha bisogno di ricevere la luce di Cristo.

Oggi noi nonni, noi genitori e noi educatori abbiamo l'impegno di trasmettere ai nostri nipoti e figli il timore di Dio e il rispetto della persona umana, volto diverso di Cristo. Ma questo impegno sarà molto difficile da realizzare se non abbiamo un rapporto con Dio attraverso la preghiera e con la Chiesa.

2- L'impegno per ognuno di noi di testimoniare la propria fede alla luce di Cristo

“Io infatti non mi vergogno del Vangelo, perché è potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede” dice san Paolo nell'Epistola ai Romani. Oggi il Signore Gesù vuole illuminare il nostro mondo pieno di tenebre ma non lo pùo fare senza la nostra collaborazione.

Appunto, una stupenda preghiera del quattordicesimo secolo dice:

    - Cristo non ha mani ha soltanto le nostre mani per fare il suo lavoro oggi.

    - Cristo non ha piedi ha soltanto i nostri piedi per guidare gli uomini sui suoi sentieri.

    - Cristo non ha labbra ha soltanto le nostre labbra per raccontare di sé agli uomini d'oggi.

Cristo non ha mezzi, ha soltanto il nostro aiuto per condurre gli uomini a sé. Noi siamo l'unica Bibbia che i popoli leggono ancora. Siamo l'ultimo messaggio di Dio scritto in opere e parole.

Carissimi, siamo tutti invitati a Seguire il Signore Gesù, luce del mondo per non camminare nelle tenebre attraverso una vita di fede vera e di testimonianza. Quale decisione prendo oggi per far rifflettere la luce di Cristo nella mia persona e nella società?


P. Marius N'sa - 5 maggio 2019 - Santa Croce - Milano

P. Marius - L'amore costante e' fecondo
IV Domenica di Pasqua

La liturgia della Parola della scorsa domenica ci ha chiamato a seguire il Signore luce del mondo per poter vincere tutte le tenebre della nostra vita. In questa domenica detta giornata mondiale per le vocazioni che significa una chiamata a vivere una vita partecolare, la liturgia ci invita a rimanere nel amore di Gesù osservando i suoi comandamenti. Prima di parlare di vocazioni, bisogna sempre ricordarsi della prima vocazione: la chiamata universale alla Santità. Siamo tutti chiamati alla santità.

In questa quarta domenica, la liturgia ci fa capire che c'è un rapporto molto stretto fra vivere nell'amore di Dio e osservare la sua Parola.

Dice Gesù nel Vangelo: "Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore".

Per capire il senso profondo di queste Parole di Gesù ricordiamoci il contesto: Siamo all'ultima Cena e dopo la lavanda dei piedi un po' prima della passione.

Queste parole sono il Testamento spirituale di Gesù. Sappiamo tutti l'importanza di un testamento. Attraverso questa pagina del vangelo, Il Signore nostro ci invita alla costanza, alla fedeltà, alla continuità. Rimanere nel suo amore significa abitare all'interno della luce dell'amore divino.

Fratelli e sorelle, rimaniamo nell'amore di Gesù per poter dare gioia ai nostri fratelli perché chi si sa amato ha una vita serena e gioiosa basata sull'amore. Amare è più di voler bene. Voler bene è non fare il male.

Ma amare ci chiede di sapersi anche sacrificare per l'altro.

Oggi il Signore ci esorta di amare davvero: "Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri".

Come vivo nella quotidianità il mio amore per l'altro?

- Cosa significa per me amare?

- Il Signore luce del mondo ci vuole illuminare ma ci chiede un rapporto molto stretto con la sua Parola.

- Quale è il mio rapporto con la Parola di Dio?

- Riesco a leggere e a meditare ogni tanto la Parola di Dio?

Infatti il primo passo che Gesù raccomanda al discepolo, per consentirgli di “rimanere” nell'amore suo, è ascoltare il Signore che parla. Anzi Gesù chiede addirittura di osservare, cioè di ascoltare con attenzione e cura, di contemplare ciò che la Parola presenta.

Carissimi, la vita cristiana ci chiede un salto di qualità, un sacrificio e una morte a sè. Chi ha davvero incontrato il Signore deve fare questo salto sull' esempio di san Paolo che è pronto ad affrontare la morte per il Cristo. Dice nella prima lettura: "Io sono pronto non soltanto a essere legato, ma anche a morire a Gerusalemme per il nome del Signore Gesù".

Rimanere nella Parola di Dio vuol dire trasformarsi e maturare fino alla comunione con il Signore. La Parola dunque non solo è ascoltata, ma va osservata e allo stesso tempo va obbedita per svelare tutta la sua verità, per liberare tutti i suoi significati.

Per un cristiano vivere vuol dire vivere dentro la Parola di Gesù o vivere avendo dentro di sé la Parola di Gesù. Rimanere in Gesù è un'esperienza che si fa accogliendo la sua Parola.

Il discorso del rimanere, allora, è quello di vivere un rapporto di comunione piena con il Signore attraverso la Parola e l'eucaristia, in modo che l'amore con cui il Signore ci ama sia in noi sorgente di pensieri e desideri nuovi e questi, a loro volta, producano una vita concreta fatta di amore fraterno.

Credere in Dio vuol dire vivere secondo la sua Parola. La vita cristiana si nutre con la Parola di Dio letta e meditata e con i sacramenti ricevuti.

Rimanere in lui significa far sì che le sue parole rimangano in noi come semi nella terra, perché a suo tempo germoglino e diano frutto.
P. Marius N'sa - 12 maggio 2019 - Santa Croce - Milano

P. Marius - L'amore concreto
V Domenica di Pasqua

L'amore per il prossimo è il testamento spirituale che Gesù ha lasciato ai suoi discepoli la sera dell'ultima cena.

Se la liturgia della scorsa domenica accennava al fatto di rimanere nell'amore di Cristo osservando i suoi insegnamenti, siamo invitati in questa domenica a far vedere agli altri che noi siamo discepoli di Cristo attraverso l'amore che abbiamo gli uni per gli altri.

Carissimi, l'amore per il prossimo è l'ultima e la cosa più importante che Gesù chiede a ognuno di noi.

Ma amare ci chiede di sapersi anche sacrificare per l'altro.

Fino a che punto siamo capaci di fare qualche sacrificio per le persone che diciamo amare? San Paolo attraverso l'inno alla carità nella seconda lettura ci dà tutti le implicazioni dell'amore che è carità.

Anche per lui l'Amore è fondamendale.

Dice : "Se parlassi le lingue degli uomini e degli angeli ma non avessi la carità sarei come bronzo che rimbomba, e se avessi il dono della profezia, se conoscessi tutti i misteri e avessi tutta la conoscenza, se possedessi tanta fede da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sarei nulla, E se anche dessi in cibo tutti i miei beni e consegnassi il mio corpo per averne vanto ma non avessi la carità, a nulla mi servirebbe" .

Con queste parole forti dell'apostolo Paolo, abbiamo ancora il diritto di staccare la fede dall'amore come facciamo spesso? Questa domenica puo essere chiamata la domenica delle misure.

Infatti, la prima lettura del libro degli Atti degli apostoli ci dà la misura per vivere una buona vita di fede.

Questa misura è: avere un cuore solo e un'anima sola con la chiesa e sentirsi membro vivo della comunità.

Questo principio è valido anche per le nostre famiglie, che devono sentirsi una sola cosa per cui ognuno fa il bene dell'altro sempre e comunque.

Invece troppe volte assistiamo a liti e incomprensioni fra fratelli: Che peccato! I beni materiali non valgono il sacro rapporto tra fratelli.

Questa prima lettura ci invita ad impegnarci di più nella chiesa che rappresenta il corpo di Cristo e continua a dare i suoi segni attraverso i sacramenti.

Ci sentiamo davvero membri di questa famiglia che è la chiesa? Quante volte sentiamo dire dai cristiani "Se è cosi io non vado più a messa".

Andiamo a messa per il parocco o per far piacere agli altri o per la nostra salvezza? Carissimi come la prima comunità, siamo tutti invitati a costruire insieme la nostra chiesa per arrivare a colmare insieme i bisogni gli uni degli altri: Nessuno infatti tra loro era bisognoso.

Quando c'è la comunione, Dio agisce sempre.

L'altra misura per fa vedere agli altri che noi siamo discepoli del Signore è il Rispetto: La carità non manca di rispetto.

La fede, lo sappiamo, ci invita ad avere buoni rapporti con le persone e il rispetto è quello che ci permette di entrare in contatto con esse.

Quante volte a causa dell'orgoglio o della superbia disprezziamo le persone? Quante volte ci comportiamo male considerando le persone non secondo quello che sono ma secondo quello che hanno? Quante volte anche noi abbiamo disprezzato delle vite umane su criteri sbagliati? Carissimi, la carità non manca di rispetto.

A tutti noi oggi il Signore dice: Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri».

Fratelli, siamo davvero cristiani come vuole il Signore? Allora facciamo nostra soprotutto nelle nostre opere questa stupenda preghiera del quattordicesimo secolo che dice: Cristo non ha mani ha soltanto le nostre mani per fare il suo lavoro oggi.

Cristo non ha piedi ha soltanto i nostri piedi per guidare gli uomini sui suoi sentieri.

Cristo non ha labbra ha soltanto le nostre labbra per raccontare di sé agli uomini d'oggi.

Cristo non ha mezzi ha soltanto il nostro aiuto per condurre gli uomini a sé.

Noi siamo l'unica Bibbia che i popoli leggono ancora.

Siamo l'ultimo messaggio di Dio scritto in opere e parole.Solo l' amore salverà il mondo e alla serata della nostra vita saremo tutti giudicati sull'amore che abbiamo per il prossimo.

Anche oggi possiamo iniziare una nuova vita piena di Amore.

La fede è l'amore vissuto concretamente.
P. Marius N'sa - 19 maggio 2019 - Santa Croce - Milano

P. Marius - Vivere la gioia di Cristo in ogni persona
VI Domenica di Pasqua

La parola di Dio odierna ci invita a riflettere su due spunti molto importanti: Primo: vedere il volto di Dio in ogni persona e rispettare la persona umana. Secondo: Essere disposti a lasciarci guidare dallo Spirito Santo e vivere nella gioia di Cristo ogni giorno.

Mi ha sempre colpito questo testo dell'incontro tra Gesù e san Paolo sulla via di Damasco che ci propone la prima lettura odierna. Saulo, pieno di zelo e di ardore per la religione dei sui padri perseguitava i cristiani. In missione per perseguitare ancora altri cristiani sentirà: Saulo, Saulo, perché mi perséguiti?” Quando Paolo ha chiesto : “Chi sei, o Signore?”. Senti' con stupore questa risposta: “Io sono Gesù il Nazareno, che tu perséguiti”.

Carissimi, in questa sesta domenica che ci prepara all'ascensione di Cristo, la prima lettura ci invita a vedere il volto di Dio in ogni persona. Papa Francesco dice giustamente "la fede ci insegna a vedere che in ogni uomo c'è una benedizione per me, che la luce del volto di Dio mi illumina attraverso il volto del fratello."

L'impegno di questa prima lettura è molto grande e soprattutto molto difficile in questo contesto attuale nel quale l'uomo non è considerato come persona umana e volto di Dio ma come una cifra o un essere qualsiasi.

Oggi la società sta male perché invece di amare la persona e utilizzare le cose terrene la società fa il contrario cioè ama le cose terrene e utilizza e sfrutta la persona.

Fratelli, siamo tutti invitati a riconoscere il volto di Dio in ogni persona che rappresenta il vero tempio per incontrare Dio.

Nel vangelo Gesù prepara il cuore dei suoi discepoli ad accettare la sua assenza fisica e preannuncia ai suoi discepoli la venuta dello Spirito Santo. Lo Spirito Santo è la presenza viva di Dio nella Chiesa. È quello che fa andare la Chiesa, quello che fa camminare la Chiesa. Lo Spirito Santo con i suoi doni guida la Chiesa. Non si può capire la Chiesa di Gesù senza questo Paraclito, che il Signore ci invia per questo".

L'altro impegno nostro di questa domenica si trova nel fatto di lasciarci guidare dallo Spirito Santo che agisce ancora oggi attraverso la chiesa e di mantenere sempre dentro di noi un clima di gioia e di serenità perché il Signore è sempre all'opera nella nostra vita.

Ai suoi discepoli come a noi oggi il Signore dice: Voi sarete nella tristezza, ma la vostra tristezza si cambierà in gioia.

Carissimi, la nostra tristezza si cambierà in gioia quando lascieremo lo Spirito Santo aprire le nostre menti e i nostri cuori al suo vangelo, quando accetteremo di ricevere dallo Spirito Santo la forza di amare anche i nemici e di rinnovare i rapporti fra le persone per ricreare una società fondata sulla legge dell'amore in cui tutti siano considerati come figli di Dio e si viva felici.
P. Marius N'sa - 26 maggio 2019 - Santa Croce - Milano

P. Marius - Pieni di gioia
Ascensione

Celebriamo in questa domenica la festa dell'Ascensione del Signore che si tiene 40 giorni dopo la Risurrezione del Signore e 10 giorni prima della Pentecoste. Queste due feste, che sono la Risurrezione e l'Ascensione, ci trasmettono la medesima certezza: Cristo non è rimasto nel buio della tomba o della vita ma ha raggiunto la luce di Dio.

In questa festa, celebriamo la speranza e la gioia di essere stati scelti come testimoni di Cristo anche noi. Dice: "avrete forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi e mi sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino agli estremi confini della terra".

Questa forza l'abbiamo ricevuto attraverso iI battesimo nel quale siamo diventati discepoli anche noi. I discepoli, sono chiamati ad essere testimoni dell'opera di salvezza compiuta dal maestro Gesù. Tutti noi, battezzati, abbiamo ricevuto la medesima chiamata e abbiamo la responsabilità di rendere testimonianza.

Il nostro mondo oggi ha bisogno di cristiani responsabili che non si nascondono dietro a una falsa spiritualità ma che si impegnano per cambiare il mondo. "Uomini di Galilea perché state a guardare il cielo?"

Oggi il Signore vuole discepoli e testimoni veri. Non dobbiamo avere paura perché come dice san Paolo, a ciascuno di noi è stata data la grazia secondo la misura del dono di Cristo.

Ma sappiamo che la prima testimonianza ci invita a vedere cosa Dio ha fatto e sta facendo in noi stessi, come in noi agisce il suo amore e la sua misericordia. Siamo capaci di leggere e di interpretare l'opera di Dio nella nostra vita? Per testimoniare bisogna sperimentare la presenza quotidiana di Dio nella nostra vita.

Carissimi, l'Ascensione ci invita alla responsabilità con la presenza dello Spirito Santo che ci accompagna. Dio continua ad amarci, a perdonarci e non ha mai smesso di condurre la storia dell'umanità colmandola della sua misericordia.

La solennità dell'Ascensione del Signore quindi dovrebbe colmare anche noi di serenità e di entusiasmo, proprio come avvenne per gli Apostoli che dal Monte degli Ulivi ripartirono "pieni di gioia". Come capire il fatto che i discepoli siano pieni di gioia mentre il Signore se ne va al cielo? I discepoli si fidavano di Gesù e credevano alle sue parole.

Sapevano che Gesù non sarebbe più presente fisicamente soltanto in un solo luogo ma sarebbe presente con lo spirito dappertutto con loro. Gesù è tornato al Padre per essere con il Padre presente ovunque come l'ha detto: Io sono con voi fino alla fine del mondo. Ecco la fede che Gesù ci chiede: credere nelle sue parole. Ecco il motivo della loro gioia.

Oggi ancora il Signore vive nel nostro mondo ma in modo diverso. Il primo luogo per incontrarlo è l'Eucaristia e gli altri sacramenti. Secondo luogo la comunità cristiana con la presenza nel suo nome di almeno 2 persone riunite.

Terzo luogo i poveri nostri fratelli. Il Signore si identifica ad ogni persona ma è più vicino ai poveri che ci affida dicendoci: Ogni volta che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me».

Allora per vedere Gesù in cielo non c'è bisogno di un telescopio che ci aiuti a vedere le cose grandi nel cielo come dice monsignor Erio Castelluci ma di un microscopio cioè un cuore che ci aiuti a vederlo presente nelle realtà apparentemente più piccole làddove lo sguardo di molti non si fermano neppure, nei fratelli più invisibili ai nostri occhi.

L'ascensione ci invita alla gioia e alla serenità ma sopratutto alla fede perché la paura ci impedisce di riconoscere Dio e di vederlo negli altri.
P. Marius N'sa - 2 giugno 2019 - Santa Croce - Milano

P. Marius - Lo Spirito Santo e la volontà
Pentecoste

"Credo nello Spirito Santo che è Signore e dà la vita" diciamo nel Credo. Ma come viviamo nella quotidianità questa fede nello Spirito Santo che professiamo?

Mi piacerebbe iniziare questa predica odierna con le parole del defunto patriarca di Costantinopoli Atenagora che diceva: Senza lo Spirito Santo Dio è lontano, Cristo rimane nel passato, il Vangelo è lettera morta, la Chiesa è una semplice organizzazione, l'autorità è una dominazione e la missione una propaganda.

Nello Spirito Santo Cristo risorto è presente, il Vangelo è potenza di vita, la Chiesa significa comunione trinitaria, l'autorità è un servizio liberatore, la missione è una Pentecoste.

Oggi cinquantesimo giorno dopo la risurrezione di Gesù, celebriamo la pentecoste, la discesa dello Spirito Santo sui discepoli.

Dice la prima lettura: "Apparvero loro lingue come di fuoco, che si dividevano, e si posarono su ciascuno di loro, e tutti furono colmati di Spirito Santo".

Perché lo Spirito Santo apparve loro come lingue di fuoco? La risposta a questa domanda ci fa capire c'è un legame stretto fra lo Spirito Santo e il fuoco.

Lo Spirito Santo si presenta sotto forma del fuco perché hanno gli stessi tre proprietà: Purificare, riscaldare e illuminare. Il fuoco riscalda, illumina e purifica. Come il fuoco, lo Spirito riscalda il cuore dei discepoli e dà loro il coraggio; purifica la mente dell'errore e la rende pronta ad accogliere il Signore; Lo Spirito Santo illumina gli occhi e guida gli uomini sul cammino della verita.

Questa festa della Pentecoste è anche la celebrazione della maturita o crescita spirituale perché lo Spirito Santo paraclito, il nostro avvocato non fa le cose al posto nostro ma ci accompagna, ci consiglia, ci dice come fare.

Noi non siamo come delle marionette nelle sue mani, siamo noi i protagonisti.

Ma lo Spirito Santo non farà nulla senza la nostra volontà.

Il libro degli Atti degli apostoli, libro della Bibbia che ci parla della fondazione e dell'inizio della chiesa nel suo capitolo secondo ci ricorda quest'azione dello Spirito Santo attraverso la sua venuta sui discepoli.

Carissimi, in questo giorno della pentecoste, siamo tutti invitati a credere nella presenza attiva ed efficacia dello Spirito Santo che opera nella chiesa e ci colma di doni per il bene comune.

- Come metto al servizio della società o della comunità tutti i miei doni ricevuti?

La domanda che si pone è questa:

- Come mi lascio guidare dallo Spirito Santo nel mio agire quotidiano?

A tutti noi cristiani oggi il Signore dice: “Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre”.

Fratelli e sorelle, la vita di fede è sempre legata all'osservanza dei comandamenti.

Il Signore vuole prendere dimora in noi, vuole rimanere in noi. Se Gesù non dimora in noi, ci sarà molto difficile lasciarci guidare dallo Spirito Santo e nemmeno avere una vita felice e serena.

Malgrado i nostri peccati e malgrado le difficoltà che incontriamo nella vita quotidiana, sappiamo che lo Spirito Santo è con noi e si vuole manifestare in noi ma senza una vita connessa al Signore sarà difficile.

Vieni Spirito Santo e trasformaci!
P. Marius N'sa - 9 giugno 2019 - Santa Croce - Milano

P. Marius - L'amore vero è comunione
Pentecoste

Tutti gli uomini vogliono vivere felici. E’ normale perché siamo stati creati per vivere felici e Gesù è morto proprio sulla croce per questo.

Ma si puo vivere felici senza condivisione con gli altri, senza apertura?

Può darsi ma sarà molto difficile. La Santissima Trinità che celebriamo oggi è la celebrazione della comunione, della condivisione. E Dio, per primo ci dà l’esempio vivendo come comunità con il figlio e con lo Spirito Santo.

Dio non ha voluto essere da solo perché l’amore vero è comunione. La Santissima Trinità è la manifestazione di Dio sotto forma di tre persone ugualmente distinte: Dio Padre, Principio o creatore, Dio Figlio salvatore e lo Spirito Santo presenza permanente divina fra gli uomini e comunione di Amore fra Dio e il suo Figlio.

E’ l’immagine di un albero con tre tronchi uguali ma con la stessa base e le stesse radici. Dio Padre ama il figlio e il figlio ama il Padre e l’amore stesso che unisce il Padre e il figlio diventa una persona e una forza: Lo Spirito Santo.

Iniziamo in questa domenica il tempo della missione che comincia dopo la Pentecoste.

Questo tempo non ci chiede tante vane parole ma azioni concreti sotto la guida dello Spirito santo che abbiamo ricevuto a Pentecoste.

Il tempo della missione significa manifestare il nostro amore per il Signore annunciando e osservando la sua Parola.

Dice il Signore: "Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui". Chi vuole avere Dio con sé deve ossservare nella quotidianità la sua Parola.

In questa domenica la liturgia della Parola ci invita a rifflettere in modo concreto sull’importanza dell’accoglianza e dell’apertura che è segno di benedizione.

Infatti nella prima lettura, Abramo ha accolto con bontà e generosità tre persone che diventeranno per lui sorgente di benedizione perché grazia a loro avrà un figlio. Ancora oggi Dio si identifica e si manifesta attraverso le persone.

Siamo tutti invitati a riconsiderare il nostro rapporto con l’altro.

Questa festa della Santissima Trinità ci dà un esempio da seguire nel rapporto fra padre e figlio. Il padre approva il figlio o i figli, incoraggia e sostiene, ascolta e aiuta i figli.

Il figlio o i figli come Gesù devono obbedire ai genitori, ascoltarli e onorarli e la base comune di questa relazione è l’amore.

Sappiamo che Lo Spirito santo ci aiuta a dire Abbà padre e ci fa vedere Dio con un occhio nuovo, ci fa capire che Dio non è un padrone che se impone nella nostra vita ma un Signore che ci accompagna e ci ama.

Disponiamoci e lasciamoci guidare dallo Spirito Santo per poter dire anche noi: "Gesù è Signore".
P. Marius N'sa - 16 giugno 2019 - Santa Croce - Milano

P. Marius - Il peccato e le responsabilità

La liturgia di questa domenica ci invita a riflettere sul tema del peccato. Ma cosè il peccato?
Secondo il catechismo della chiesa cattolica nel suo articolo 1849 Il peccato è una mancanza contro la ragione, la verità, la retta coscienza; è una trasgressione in ordine all'amore vero, verso Dio e verso il prossimo, a causa di un perverso attaccamento a certi beni.
Esso ferisce la natura dell'uomo e attenta alla solidarietà umana.

E tutti gli uomini fanno questa bruttta esperienza del peccato e delle proprie conseguenze all’immagine dei primi uomini che hanno disobbedito a Dio e si sono trovati maledetti dal creatore come dice il libro della Genesi.
- Al serpente Dio dice: "Poiché hai fatto questo, maledetto tu fra tutto il bestiame;
- Alla donna disse: «Moltiplicherò i tuoi dolori e le tue gravidanze, con dolore partorirai figli.
- All’uomo disse: maledetto il suolo per causa tua! Con dolore ne trarrai il cibo per tutti i giorni della tua vita.
Come l’abbiamo sentito nella prima lettura e come ne facciamo personalmente l’esperienza, il peccato a sempre delle conseguenze.
Ma scaricare le proprie responsabilita su un capro espiatorio, che puo essere la famiglia, l’educazione ricevuta, la società, la chiesa e anche su Dio è deresponsabilizzare se stessi come Adamo e Eva. Quante volte ci sono fatti ma senza autori, senza responsabili!
La società è piena di persone irresponsabili.
Il cristiano invece deve essere responsabile perché è degno.
Domanda: Sono una persona responsabile che riconosce i propri limiti o uno che accusa sempre gli altri e cerca sempre un capro espiatorio?

Fratelli, il primo passo della conversione è riconoscere i propri limiti.
Lo scopo della Parola di Dio odierna non è fare l’elogio del peccato ma facci capire che il peccato nasce della disobbedienza alla legge del Signore e rassicurarci con le parole dell’apostolo Paolo: ma dove abbondò il peccato, sovrabbondò la grazia cioè l’amore di Dio per noi è più grande del peccato.
A ciascuno oggi, il Signore dice: Dammi il tuo cuore, amami come sei...". Se aspettiamo di essere degli angeli per abbandonarci all'amore, non ameremo mai.
Il vangelo va nello stesso senso ricordandoci che la vergine darà alla luce un figlio che sarà chiamato Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati». Carissimi, Gesù è morto sulla croce per i nostri peccati e per darci, pace, serenità e felicità. Siamo in questa domenica invitati a non nascondersi da Dio a causa dei nostri peccati ma a credere nel suo amore infinito per noi e a fare tutto con amore e buona volontà perché l’amore porta sempre al bene. Ama e fa quello che vuoi!
Carissimi, gli impegni di questa domenica sono : *Avere un rapporto stretto con il Signore attraverso la preghiera ed obbedire alla sua parola che è via e dà la vita.* Essere certi che l’Amore di Dio per noi è più grande del peccato e provare di vivere sereni senza lasciare il peccato rovinare la notra pace.
Essere responsabile e riconoscere i nostri peccati senza accusare né le persone né le circostanze ma trovarci sempre l’insegnamento per andare avanti.
P. Marius N'sa - 30 giugno 2019 - Santa Croce - Milano

P. Marius - Il bene che non abbiamo fatto


La scorsa domenica la liturgia ci invitava a vivere con responsabilità la nostra fede senza cercare sempre un capro espiatorio ma a gioire della misericordia di Dio per noi perché il suo amore supera sempre il peccato.
In questa domenica, il Signore vorebbe parlare ai cuori dei suoi figli e esortagli ad avere un rapporto fondamentale con il prossimo. Il libro della Genesi ci dà la spiegazione cristiana dell’origine del mondo ma il brano odierno ci parla dell’origine del male attraverso la storia di Abele e Caino. La vita è sacra e la vita va protetta.
La domanda del Signore a Caino non dovrebbe lasciare indiferenti nessun cristiani: «Dov’è Abele, tuo fratello? Come Caino rispondiamo spesso: Sono forse io il custode di mio fratello? Il Signore risponderebbe: 'Se sei il custode del tuo fratello perché sei nato nelle sue mani e morirai nelle sue mani? La tua vita non sarebbe nulla senza l’altro. Si, sei il custode de tuo fratello.?

Fratelli carissimi, il nostro silenzio è colpevole. Anche noi siamo complici di tutti questi morti e di questa grande miseria che si trova nel mondo.
Siamo anche noi responsabili della politica sbagliata dei nostri politici.
Oggi a ciascuno il Signore chiede: Dov’è tuo fratello?
Non abbiamo tutti il diritto di essere indifferenti. Come dice Albert Einstein: “Il mondo è un posto pericoloso, non a causa di quelli che compiono azioni malvagie ma per quelli che osservano senza fare nulla”.

La seconda lettura ci dà un insegnamento molto importante: la vera fede è sempre azioni concrete. Dio gradisce sempre la nostra azione e non le nostre vane preghiere.
Dice la seconda letture: Senza la fede è impossibile essergli graditi; chi infatti si avvicina a Dio, deve credere che egli esiste e che ricompensa coloro che lo cercano.
Cosa significa cercare Dio? Cercare Dio significa riconoscerlo e vederlo in ogni persona e avere con lui una relazione filiale e costante. Avere la fede è operare per il bene.

A cosa servono tutte le preghiere che facciamo se non ci orientano verso il prossimo? Perche dire Padre Nostro quando non vogliamo riconoscere gli altri come fratelli?
Gesù ci ha portato una rivoluzione: quella di vivere il rapporto con Dio mettendo l’uomo al centro. Oggi, Non basta non fare il male per essere un buon cristiano; è necessario aderire al bene e fare il bene come dice il papa.
È bene non fare il male, ma è male non fare il bene e tante volte facciamo male con il nostro silenzio.

Ognuno è colpevole del bene che poteva fare e non ha fatto. Come possiamo riconciliarci con il Signore e iniziare una nuova vita che ci rende responsabili gli uni dagli altri?
1-Avere la certezza che noi abbiamo una responsabilità verso gli altri e non essere indifferenti al grido dei fratelli.
2- Rispettare, difendere e considerare ogni persona senza disprezziare nessuno perché la vita è uguale per tutti mentre la societa e la politica ci fanno pensare che alcune vite valgono più dagli altri.
3- Passare dalla fede vana alla fede attiva cioè quella che si impegna per il bene dagli altri.
4- Avere la capacità di antecipazione per evitare il peccato e per vivere un amore intenso. Come dice il salmo: Sacrificio gradito al Signore è l’amore per il fratello. Dacci Signore un cuore sensibile ai gridi dei nostri fratelli.
P. Marius N'sa - 7 luglio 2019 - Santa Croce - Milano

P. Marius - Cerchiamo la mano di Dio nella nostra vita

Mi chiedevo perché la liturgia ambrosiana ci propone questo vangelo della morte di Gesù in questo tempo di vacanze, in questa VI domenica dopo Pentecoste.

Penso che la risposta è semplice. La morte di Gesù sulla croce è il compimento della sua missione di salvezza. “Gesù disse: «È compiuto!. E, chinato il capo, consegnò lo spirito. ” Gesù è il vero agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo.

Egli ci ha salvati tutti e ci invita a vivere una vita felice. Ecco il vero senso della morte di Gesù sulla croce.

Fratelli e sorelle, Il sangue di Gesù è il sangue della nuova ed eterna alleanza versato per tutti.

Questo tempo dopo Pentecoste è il momento favorevole per riposare, per riflettere e per dare un senso nuovo alla nostra vita riconsiderando il nostro rapporto con Dio.

La Parola di Dio odierna ci invita a meditare sul tema dell’alleanza tra Dio e noi e a capire il valore della salvezza che Gesu ci ha portato.

La domanda fondamentale oggi è questa: come vivo nella quotidianità la salvezza che Gesù mi ha dato? Tanti credenti vivono in modo diverso la salvezza a loro data.

Alcuni credono di uccidere non credenti e loro stessi per beneficare della salvezza promessa. Altri credono che essere salvati significa essere liberi di fare tutto quello che vogliono, essere libertini. Queste due comprensioni della salvezza sono sbagliate.

La salvezza che ci porta la morte di Gesù sulla croce è sorgente di vita e di felicità ma è un seme da coltivare ogni giorno nella quotidianità.

Fratelli carissimi, in questo tempo di vacanze siamo invitati, prima di fare il giro di diversi paesi e città, a fare il giro della nostra vita e della nostra coscienza per apprezzare la salvezza che il Signore ci vuole dare; a capire che la vita, la salute, la famiglia e altre diverse ricchezze che noi abbiamo non sono cose scontate.

Il prezzo è la croce di Cristo.

Come viviamo allora nella quotidianità la salvezza che Gesù ci ha dato?

La prima cosa da fare è mantenere con il Signore un rapporto di fede e osservare la sua Parola. «Quanto ha detto il Signore, lo eseguiremo e vi presteremo ascolto».

E’ fondamentale ascoltare la voce del Signore. Come dice Gesù: “Le mie pecore ascoltano la mia voce”.

L’altra cosa da fare è vivere sereni praticando la legge dell’amore con tutti, rispettando le regole della società e testimoniando nella quotidianità la verità della nostra fede. Gesù ha già pagato il prezzo della nostra salvezza e la sua grazia ci dà la forza di capire e vivere un rapporto vero con Dio.

La grazia si ottiene nell’intimita con lui e è necessaria nel rapporto della fede.

Fratelli, La morte di Gesù sulla croce è un invito alla gioia, alla pace interiore ma sopratutto alla vita cioè a vivere bene e a difendere la vita come lui l’ha fatto per noi. “Chi ha visto ne dà testimonianza e la sua testimonianza è vera”. Noi vedremo la mano di Dio nella nostra vita quando non prenderemo come scontato tutto nella nostra vita.

Siamo chiamati oggi a scoprire la presenza silenziosa ma effiacace di Dio nella nostra vita attraverso la chiesa suo corpo che continua l’opera di Gesù: dare lo Spirito santo e dare la vita: Senso dell’acqua e del sangue usci dal suo cuore.
P. Marius N'sa - 21 luglio 2019 - Santa Croce - Milano

P. Marius - Volete andarvene ? Da chi andremo ? Dio è al primo posto e il prossimo al centro ?

Molti dei suoi discepoli, dopo aver ascoltato, dissero: «Questa parola è dura! Chi può ascoltarla?». Questa Parola è dura anche per noi oggi perché ci chiede di fare una scelta radicale, una metanoia, un cambiamento di vita. Si tratta di comprendere che la fede implica di principio una scelta, una presa di posizione e la coerenza della scelta.

Siamo invitati a scegliere il Dio che vogliamo servire: Il Signore nostro Dio che si è sempre manifestato nella nostra vita o i nuovi dei moderni ( Mammona, il dio denaro, il dio del piacere, il dio dell ‘ego o dell’orgoglio, il dio potere ... )

Per chi è dura la Parola del Signore? Per coloro che hanno il cuore duro e non se lasciano condurre dallo Spirito santo e trasgrediscono consapevolmente la Legge di Dio.

Nella prima lettura, Giosuè chiede al popolo di Israele a Sichem di scegliere da che parte stare: "Sceglietevi oggi chi servire’’.

Anche Gesù chiede ai Suoi, nel brano evangelico di oggi, mettendoli davanti ad una scelta precisa: "Volete andarvene anche voi?". Naturalmente una scelta che vuole coerenza di vita. Pietro professa la fede dicendo: ‘’Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio.

Come professiamo la nostra fede ogni giorno?

Quante volte crediamo di essere cristiani senza sentirci sensibili alla sofferenza degli altri.

Non bastano le monetine e la devozione ai santi, non basta una passeggiata in chiesa, non basta qualche preghiera, non basta ricevere qualche sacramento ogni tanto.

Il Signore vuole una vita trasformata dalla sua parola, vita nella quale Dio è al primo posto e il prossimo al centro.

Chi non puo vivere cosi non è cristiano e chi non è cristiano non deve scandalizzare gli altri con i simboli della fede. Il Signore vuole una vita coerente e decisa perché credere è lasciarsi guidare e osservare la Parola di Dio.

Confessare il Signore Dio come l’unico Signore e mettere la propria anima al servizio di tanti altri dei che ci prendono pace e libertà non va bene. "Volete andarvene anche voi?". La fede è un dono, e va mantenuta nella preghiera.

Lo spirito santo dà la vita e chi vuole vivere si deve lasciare guidare. La vita cristiana non ha bisogno di compromessi ma di decisioni. Perché il nostro Dio è santo e geloso che non accetta la mescolanza con altri dei.

L’altro invito di questa domenica è saper ringraziare Dio che ci ha scelti e che ci accompagna sempre. Dice san Paolo: ‘’ Fratelli, rendiamo sempre grazie a Dio’’ perché lui il primo ha fatto il passo verso di noi.

Carissimi, Dio è all’iniziativa dell’opera della salvezza.

Sappiamo che la nostra vita è una vita di grazia e che tutto non è cosi scontato come lo crediamo spesso, la vita, la salute, i nostri beni terreni, le nostre qualità sono doni di Dio per il nostro bene e per quello degli altri.

Nascere per esempio in Europa e avere tutte queste possibilità è già una grazia perché ogni giorno ci sono migliaia di persone che cercano di realizzare questo sogno. Abbiamo già ringraziato il Signore per questa grazia a noi data? Come ci comportiamo noi cristiani davanti a queste persone meno fortunate?

Sappiamo che nessuno sceglie il colore della pelle e il luogo della nascita. Abbiamo un po’ di compassione per queste povere persone?

La fede ci invita a ringraziare Dio ogni giorno.

Penso che tutti siamo contenti e incorraggiati quando siamo ringraziati per un gesto o un servizio fatto.

E’ vero Dio non ha bisogno del nostro ringraziamento ma il ringraziamento è segno della nostra grande fede in lui.
P. Marius N'sa - 28 luglio 2019 - Santa Croce - Milano

P. Marius - L'Umiltà porta fede e azioni sincere.

La liturgia della scorsa domenica ci invitava a rendere dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio. Tutti noi siamo di Dio perché abbiamo ricevuto tutto di Dio quindi cerchiamo prima il regno di Dio e tutte le altre cose ci saranno date in aggiunto come dice Gesu in Matteo 6, 33.

In questa domenica la liturgia ci ricorda che il Signore nostro Gesù è della discendenza di Davide ed è quindi il vero Messia promesso per liberare il suo popolo. Oggi siamo invitati a riflettere sul fatto che la scelta di Dio è sempre su cio' che è umile, piccolo e non considerato. Ce lo conferma anche il Magnificat della Vergine Maria. Dice: L'anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore, perché ha guardato l'umiltà della sua serva. D'ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata.

Aggiunge: ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili’’. Il Signore innalza sempre gli umili.

Questa prima lettura ci esorta all’umiltà per beneficare della grazia di Dio. Infatti, tra i figli di Samuele, il Signore ha scelto il piu piccolo e non considerato Davide perché vede con criteri diversi. Quante volte ci basiamo su criteri falsi e sbagliati per giudicare e condannare gli altri!

Viviamo in un mondo o in una società nella quale l’ego delle persone è molto forte e la virtù dell’umiltà rara. La Parola di Dio oggi ci invita a riconsiderare ed a privileggiare la nostra identità cristiana e a vivere con umiltà.

La fede ci chiede sincerità e coerenza nelle nostre azioni. Purtroppo, il nome di Dio oggi è sfruttato e utilizato per giustificare alcuni comportamenti egoistici. Dio è diventato un timbro per firmare alcune azioni e per avere la coscenza a posto. Va bene immagini e messaggi cristiani via whatsapp ma non sono sufficienti.

Forse viviamo senza peccare come lo pensiamo qualche volta ma non basta. La fede è una cosa sacra e ci chiede cambiamento radicale.

Per fortuna si puo ingannare gli uomini ma non Dio. Come dice San Paolo ai Galati 6, 7:  Non vi fate illusioni; non ci si può prendere gioco di Dio.

Carissimi, come dice la prima lettura, ‘’non conta quel che vede l’uomo: infatti l’uomo vede l’apparenza, ma il Signore vede il cuore. Fratelli, Il Signore ci chiama a vedere oltre le apparenze come lui.

L’apparenza è spesso ingannatrice e sbagliata. L’umiltà ci aiuta a rispettare e a dare agli altri la loro dignita di figli di Dio. Chi ha un complesso di superiorita non puo giudicare con oggettività. Questo è utile per qualsiasi rapporto umano.

Carissimi, la misericordia di Dio ci sostiene sempre. Anche se noi siamo infedeli nel nostro cammino di fede, il Signore lui rimane fedele e ci accompagna perché è un Dio misericordioso ma se noi lo rinneghiamo, anche lui ci rinnaghera come dice san Paolo nella seconda lettura.

Rinnegare Dio significa professare un altro credo, avere un altro vangelo che seguiamo, significa fare silenzio quando noi dobbiamo prendere posizione per difendere una persona o per difendere la vita umana.

E’ arrivato il momento di fare una scelta. O siamo cristiani e difendiamo la fede e la vita o non siamo cristiani e abbiamo un altro vangelo che seguiamo.

Abbiamo soltanto un vangelo da seguire noi cristiani. Tutti siamo stati eletti dal Signore perché lui è all’inizio di ogni chiamata e sostiene sempre i suoi eletti. Chiediamo a Dio che vede i cuori la grazia dell’umiltà vera e il corraggio per difendere la fede.
P. Marius N'sa - 10 agosto 2019 - Santa Croce - Milano

P. Marius - Avere rispetto di Dio condividendo i suoi doni

La Parola di Dio di questa domenica propone il tema della Sapienza alla nostra meditazione. Secondo Siracide, Principio della sapienza è temere il Signore. Il timore di Dio è l'atteggiamento del figlio che vuole corrispondere all'amore del padre, piuttosto che quello del suddito che non vuole essere colto a trasgredire la legge. Il timore di Dio per il credente non è avere paura di Dio, ma avere gran rispetto di Dio.

Nella prima lettura, il re Salomone ci dà un bel esempio concreto di sapienza attraverso la sua preghiera. Egli chiede in dono a Dio la Sapienza, non una vita longeva, l'abbondanza di ricchezze o l'opportunità di vincere sui suoi nemici.

Di fatto non chiederà nulla di tutto questo, ma semplicemente: "un cuore saggio e intelligente", capace di distinguere il bene dal male, per riuscire a governare al meglio il suo popolo.

Ecco la vera sapienza: Vedere tutto con gli occhi di Dio. Cosa chiediamo a Dio nelle nostre preghiere? Come preghiamo? Abbiamo capito attraverso questa prima lettura che a colui che cerca prima Dio è dato in aggiunto tutto il resto?

Abbiamo anche noi Dio come priorità nella nostra vita? Paolo nell'Epistola oppone questa vera sapienza che consiste a vedere con gli occhi di Dio alla sapienza del mondo che consiste egoisticamente a fidarsi in se stesso. Dice: la sapienza di questo mondo è stoltezza davanti a Dio. E’ Dio l’autore della mia Sapienza o il mondo?

Nel Vangelo, Luca, ci parla della Sapienza o delle condizioni concrete per poter seguire davvero Gesù. La condizione principale nella sequela Christi è staccarci dei beni terreni. Infatti, nel vangelo odierno, Gesù continua il discorso iniziato con un notabile ricco che chiedeva cosa fare per ereditare la vita eterna.

Gesù propone prima l’osservanza dei comandamenti poi la condizione radicale che è lo staccamento dei beni terreni. Questo nobile non riuscira questo secondo passo decisivo. Fratelli abbiamo la certezza che il Signore ricompensa tutti i nostri sforzi nel nostro cammino di fede.

Carissimi, il Signore non chiede a nessuno di buttare i propri beni, la propria intelligenza, la propria immagine e quant’altro è stato ricevuto in dono da Dio, ma di valorizzare queste potenzialità finalizzandole ad una condivisione che ci identifica e qualifica come Figli e Fratelli.

La vera Sapienza è quindi mettere alla disposizione dagli altri cio che abbiamo ricevuto. Mentre la societa fa promozione dell’individualismo, dell’egoismo, dalla sapienza mondana cioè fidarsi nelle proprie capacità, la fede ci esorta alla vera sapienza cioè vedere tutto con gli occhi di Dio vivendo un distaccamento dei beni terreni.

Da oggi, cosa accetto di condividere con gli altri? Cosa è per me la vera ricchezza: i rapporti umani o i beni terreni?

Carissimi, la nostra salvezza dipenderà dei nostri rapporti umani con le persone e non dai nostri beni.


P. Marius N'sa - 18 agosto 2019 - Santa Croce - Milano

P. Marius - Gesu' vuole condivisione con i fratelli

La scorsa domenica, la liturgia ci chiedeva di ricercare la sapienza sull’esempio di Salomone e di non dimenticare che la vera Sapienza è mettere alla disposizione dagli altri in questo mondo cio che abbiamo ricevuto: tempo, doni, risorse.

In questa domenica che precede il martirio di san Giovanni il precursore, la Parola di Dio ci invita alla radicalità evangelica che significa tagliare tutte le cose della nostra vita che non vanno nel senso della fede per vivere una vita coerente.

Eleazàro, nome che vuole dire ‘’Dio ha aiutato’’ ci dà quest’esempio nella prima lettura accettando di morire nell’onore piuttosto che tradire la propria fede. Ecco un modello di fede proposto a noi oggi.

Possiamo arrivare anche noi a questo livello di fede se Dio, la sua Parola e i suoi comandamenti diventano la priorità nella vita e se ci sforziamo di mettere in pratica il primo comandamento che ci invita ad amare il Signore Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutte le forze e con tutta la mente.

Siamo anche noi pronti a testimoniare ovviamente davanti a tutti della nostra fede fino a diventare modelli per i nostri figli, amici? Eleazaro ha voluto lasciare qualche cosa di più profondo alla posterità. E noi cosa vogliamo lasciare ai nostri figli o parenti? Soltanto beni terreni o anche valori cristiani che accompagneranno i nostri ad essere felici ed a avere la salvezza?

Esempio: I genitori giovani che non fanno battezzare i figli e dicono sceglierà lui stesso quando sarà cresciuto. Se puoi scegliere tutto per i bambini perché non il battesimo? Parlare cosi è non essere convinti della propria fede.

La Fede è importante e chiede coerenza a tutti ma sopratutto come dice san Paolo nell’Epistola la fede ci chiede di ’non fissare lo sguardo sulle cose visibili, ma su quelle invisibili, perché le cose visibili sono di un momento, quelle invisibili invece sono eterne.’’

Come diceva il papa Leone Magno, “E’ fondamentale sapere per chi si vive o per chi si muore; perché vi è una morte che è causa di vita, ed una vita che è causa di morte’’. Vogliamo anche noi morire a noi stessi cioè al nostro orgoglio per vivere per sempre con il Signore o vogliamo fare tutto cio che vogliamo abbandonando il Signore per morire per sempre.

Ricordiamoci questa parola forte nel vangelo secondo Mc 8, 36: “E che giova all'uomo se guadagna tutto il mondo e perde l'anima sua”?. Oggi bisogna arrivare alla radicalità evangelica per illuminare questo mondo che ha bisogno della luce di Dio. Bisogna prendere posizione e tagliare tutto quello che ci impedisce di vivere la felicità con il Signore e la fraternità con gli altri.

Domanda; La nostra fede ci puo permettere di dire con San Paolo “Vivere è Cristo e morire è guadagno” ? Siamo chiamati a trovare nel Signore la nostra gioia e la nostra pace rompendo con tutto quello che non va nel senso della nostra fede.

L’altro aspetto dalla Parola di Dio oggi è l’invito all’umilità. L’umiltà è una virtù fondamentale della fede.

A Gesù non interessa il rapporto che i discepoli possono avere con lui o con il padre ma a lui interessa che il frutto di questo rapporto sia vissuto coi fratelli quindi azioni di amore, di perdono ma sopratutto di umiltà.

La conversione secondo Gesù è la fede vissuta nella quotidianità nel rapporto con gli altri. Dice: “se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli”. Dio non ci chiedera se abbiamo creduto in lui ma se abbiamo amato come lui.

La Parola di Dio e L’eucaristia devono trasformare la nostra vita. Dinanzi Dio, non abbiamo nessun diritto. Chiediamo la grazia della coerenza e dell’umiltà per vivere sereni sull’esempio dei bambini.
P. Marius N'sa - 25 agosto 2019 - Santa Croce - Milano

P. Marius - La conversione di amare concretamente

La scorsa domenica la liturgia ci ha invitato alla conversione dicendoci: "Nella conversione sta la vostra salvezza".

Fratelli e sorelle, la nostra pace, la nostra felicità et la nostra salvezza dipendono della nostra conversione.

Conversione che significa cambiamento totale di direzione cioè passare di una vita di peccato e di infelicità a una vita di conversione e di felicità.

In questa domenica, la Parola di Dio ci ricorda che, come Israele ieri, siamo noi oggi la vigna del Signore, vigna che Egli cura e protegge, ma vigna di cui aspetta frutti buoni. Attraverso questa parabola, siamo invitati ad apprezziare l’attenzione del Signore per la sua vigna che siamo noi.

Quante volte abbiamo ringraziato il Signore per tutte le cose che noi crediamo scontate? Quante volte il Signore ci ha salvato la vita? Quante volte ha risolto per noi diversi problemi? Ma quante volte vogliamo obbligare Dio a fare la nostra volontà ?

Carissimi ciascuno di noi è amato particolarmente da Dio. Oggi la liturgia ci vuole rassicurare della presenza di Dio nella nostra vita ma ci chiede soltanto di obbedire alla sua parola per essere felici.

La domanda per ciascuno di noi oggi è questa: Che tipo di cristiano sono? Sono contento di questo cammino che faccio con il Signore? sono un cristiano o una cristiana di facciata o di sostanza?

Questa pagina del vangelo è molto attuale per noi. Anche oggi ci sono tante persone che dicono di “si” al Signore ma non fanno la sua volontà nella quotidianità. Dire di “si” al Signore è far vedere una spiritualità esterna senza coinvolgere il cuore, è essere incapaci di amare concretamente l’altro accontentandoci di formalismo.

Il Signore non ha bisogno di questa spiritualità ma vuole vedere i frutti della nostra conversione.

Il cristianesimo si realizza non per tante parole o tante preghiere che non cambiano la vita ma di opera concreta di amore. Prestiamo attenzione: il rosario e tutte le nostre devozioni non sono criteri di conversione.

La conversione è più profonda e chiede cambiamento radicale. Il Signore non ha bisogno di ritualità o di formalismo religioso ma aspetta una vera conversione, quella del cuore. A cosa ci servono tutte queste ritualità o spiritualità se non cambiano la nostra vita? Ricordiamoci questa parola in Mt 7, 21: Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli.

Il Signore non elogia i peccatori ma elogia le persone che ascoltano la Parola di Dio e si convertono proprio sull’esempio dei peccatori pubblici del vangelo. I peccatori diventano migliori dagli altri soltanto quando cambiano vita lasciando la vecchia strada peccaminosa; quando hanno preso coscienza del loro peccato e hanno avuto la forza e il coraggio di convertirsi. Come dice San Paolo nell’Epistola la fede in Cristo ci giustifica attraverso opere concrete e conversione.

In questa domenica, siamo tutti invitati ad impegnarci in modo concreto attraverso una vera conversione del cuore e non a rifugiarsi in un insieme di vane ritualità religiose.

Chiediamo la grazia di un vero pentimento per una vita nuova in Gesù sapendo che cambiare il mondo comincia per piccoli gesti d’amore.
P. Marius N'sa - 8 sett 2019 - Santa Croce - Milano

P. Marius - L'eucarestia puo' cambiare la nostra vita

La liturgia della scorsa domenica ci ha invitati a tenere fisso lo sguardo su Gesù cioè a prenderlo come un punto di riferimento per poter orientare la nostra vita verso il bene e verso la felicità.

In questa domenica, siamo tutti invitati a riconsiderare il nostro rapporto con l’Eucaristia, il pane di vita.

La Parola di Dio ci ha ricordato l’importanza di questo pane per noi e ci esorta a una presa di coscienza. Già nella prima lettura abbiamo sentito questo invito della Sapienza che rappresenta Dio a mangiare di questo pane per avere l’intelligenza e la vita. Questo invito ci obbliga oggi a guardare con più intelligenza alla realtà eucaristica alla quale stiamo partecipando.

Fratelli carissimi, Gesù è l’unico vero pane che puo colmare le nostre fame e le nostre sete. Siamo quindi invitati a mangiare di questo pane di vita che è Gesù per avere la vita vera che significa pace e felicità.

2 domande dà meditare in questa celebrazione: 1- Cosa è per me l’Eucaristia 2- Quali sono gli impegni e le condizioni che richiedono l’Eucaristia:

1- Cosa è per me l’Eucaristia?

L’Eucaristia è un sacramento cioè un segno attraverso il quale il Signore se manifesta. Ella è necessaria per la nostra vita di fede perché ci unisce a Dio e ci invita alla comunione coi fratelli.

Oggi il Signore Gesù dice a ciascuno di noi: “il Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno” ?»

Per i Giudei e forse anche per noi queste parole sono uno scandalo. Ma queste parole sono uno scandalo per chi non ha nessuna intimita con Dio perché chi crede in Dio lo sa capace di fare tutto anche trasformare il pane in corpo di Cristo.

Fratelli carissimi, durante l’ultima cena, Gesù ha fatto una transustanziazione cioè ha cambiato la sostanza che è il pane e il vino nel suo corpo e nel suo sangue senza cambiare la forma.

Noi vediamo il pane e il vino ma dopo la preghiera di consacrazione divengono il corpo e il sangue di Cristo.

Sappiamo che Dio è onnipotente e puo cambiare la sostanza senza cambiare la natura. Crediamo davvero in queste parole di Gesù?

Fratelli, abbiamo la consapevolezza che il Signore è presente nell’Eucaristia ed è l’unico vero pane che puo colmare le nostre diverse fame e le nostre diverse sete. Senza una fede totale, il Signore non può trasformare la nostra vita. Cristo si fa pane e vino perché sa che la persona umana è un essere che ha fame e sete.

Domande: Con cosa sto nutrendo la mia vita? Quale sono le diverse sete della mia vita che l’Eucaristia deve colmare? Qual’è il mio rapporto con l’Eucaristia ?

Fratelli, Cristo è il pane straordinario, che sazia la fame straordinaria dice Agostino nel libro Confessioni.

Molte persone, fra le  quale spesso ci siamo anche noi, hanno la tentazione di pensare che Cristo non corrisponda in realtà ai bisogni, ai desideri, ai destini dell’uomo.

Specialmente l’uomo moderno che vuole vivere senza Dio ma che ha un vuoto dentro di lui che non riesce a colmare anche facendo di tutto. Ricordiamoci queste parole: Senza di me voi non potete fare nulla. Gv15, 5

2- Quali sono gli impegni e le condizioni che richiedono l’Eucaristia?

Carissimi, questo pane speciale richiede alcune condizioni.

L’Eucaristia non è un diritto ma è una grazia che Dio ci fa per amore. Per questo ci dobbiamo avvicinare con rispetto e devozione. Questo Pane non è solamente il cibo per il nostro cuore, ma stimolo di carità per i fratelli specialmente quelli che hanno bisogno di aiuto, di comprensione, di solidarietà.

Cristo è necessario, per ogni uomo, per ogni comunità e per il mondo. Cristo è necessario come il pane. Mangiando questo pane, siamo invitati ad essere anche noi pane per gli altri cioè un aiuto necessario per loro.

Fare la comunione ci invita ad essere in comunione con gli altri.

E’ giusto venire in chiesa, fare la comunione, tornare a casa senza essere capace di dare un saluto ai vicini? La comunione ci chiama a un desiderio profondo di conversione.
P. Marius N'sa - 22 sett 2019 - Santa Croce - Milano

Giovanni Paolo II ai giovani cileni 1987

DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II AI GIOVANI
Stadio Nazionale di Santiago (Cile) Giovedì, 2 aprile 1987



Cari giovani del Cile,

1. Ho desiderato vivamente questo incontro che mi offre l’opportunità di condividere direttamente la vostra gioia, il vostro affetto, il vostro desiderio di una società più conforme alla dignità propria dell’uomo, creato a immagine e somiglianza di Dio (cf. Gen 1, 26). So che sono queste le aspirazioni dei giovani cileni e per questo rendo grazie a Dio.

Ho letto le vostre lettere e ascoltato con grande attenzione e commozione le vostre testimonianze, da cui non emergono solo le inquietudini, i problemi e le speranze della gioventù cilena nelle diverse regioni, ambienti e condizioni sociali.

Avete voluto manifestare quello che pensate della nostra società e del nostro mondo, indicando i sintomi di debolezza, di infermità e perfino di morte spirituale. Certo: il nostro mondo ha bisogno di un profondo miglioramento, di una profonda resurrezione spirituale. Anche se il Signore sa tutto questo, vuole che, con la stessa fede del capo della Sinagoga Giairo - che gli comunica la gravità dello stato di suo figlia: “la mia figlioletta è agli estremi” (Mc 5, 23) - gli diciamo quali sono i nostri problemi tutto quello che ci preoccupa o ci rattrista. E il Signore spera che gli rivolgiamo la stessa supplica di Giairo, quando gli chiedeva la salute di sua figlia: “Vieni a imporle le mani perché sia guarita e viva” (Mc 5, 23). Vi invito, dunque, ad unirvi alla preghiera per la salvezza del mondo intero, affinché tutti gli uomini rinascano ad una vita nuova in Cristo Gesù. Esiste il Cile, ma esiste anche tutto il mondo; esistono tanti paesi, tanti popoli, tante nazioni che non possono morire. Si deve pregare per vincere la morte. Si deve pregare per ottenere una vita nuova in Cristo Gesù. Egli è la vita; Egli è la verità; Egli è la via.

2. Desidero ricordarvi che Dio conta sui giovani e le giovani del Cile per cambiare il mondo. Il futuro della vostra patria dipende da voi. Voi stessi siete il futuro, che si configurerà come presente secondo come si configura ora la vostra vita. Nella lettera che indirizzai ai giovani e alle giovani di tutto il mondo in occasione dell’Anno Internazionale della Gioventù, vi dicevo: “Da voi dipende il futuro, da voi dipende il termine di questo Millennio e l’inizio del nuovo. Non siate, dunque, passivi; assumetevi le vostre responsabilità in tutti i campi a voi aperti nel nostro mondo!” (Ioannes Pauli PP. II, Epistula Apostolica ad iuvenes Internationali vertente Anno Iuventuti dicato, 16, die 31 mar. 1985: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, VIII/1 [1985] 800). Ora, in questo stadio, luogo di competizioni, ma anche di dolore e sofferenza in epoche passate, desidero tornare a ripetere ai giovani cileni: assumetevi le vostre responsabilità! Siate disposti, animati dalla fede nel Signore, a dare ragione della vostra speranza (cf. 1 Pt 3, 15).

Il vostro sguardo attento al mondo e alle realtà sociali, come pure il vostro autentico senso cristiano che deve portarvi ad analizzare e a valutare con discernimento le condizioni attuali del vostro Paese, non possono esaurirsi nella semplice denuncia dei mali esistenti. Nella vostra mente giovane devono nascere, e prendere forma, proposte di soluzioni, anche audaci, non solo compatibili con la vostra fede, ma anche richieste da essa. Un sano ottimismo cristiano sottrarrà in questo modo il terreno al pessimismo sterile e vi darà fiducia nel Signore.

3. Qual è il motivo della vostra fiducia? La vostra fede, il riconoscimento e l’accettazione dell’immenso amore che Dio continuamente manifesta agli uomini: “Dio Padre che ama ciascuno di noi da tutta l’eternità, che ci ha creato per amore e tanto ha amato noi peccatori fino a dare il suo figlio unigenito perché fossero perdonati i nostri peccati, e potessimo essere riconciliati con Lui, e vivere con Lui una comunione di amore che non avrà mai fine” (Ioannis Pauli PP. II, Nuntius ad iuvenes, 2, die 30 nov. 1986: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, IX/2 [1986] 1820). Sì, Gesù Cristo morto, Gesù Cristo risorto è per noi la prova definitiva dell’amore di Dio per tutti gli uomini. Gesù Cristo, “è lo stesso ieri, oggi e sempre” (Eb 13, 8), continua a mostrare per i giovani lo stesso amore che descrive il Vangelo quando si incontra con un giovane e una giovane.

Così possiamo contemplarlo nella lettura biblica che abbiamo ascoltato: la resurrezione della figlia di Giairo, la quale - puntualizza San Marco - “aveva dodici anni” (Mc 5, 42). Vale la pena di soffermarsi a contemplare tutta la scena. Gesù, come in tante altre occasioni, stava lungo il mare, circondato dalla folla. Dalla moltitudine esce Giairo, che con franchezza espone al Maestro la sua pena, l’infermità di sua figlia e con insistenza supplica la sua guarigione: “La mia figlioletta è agli estremi: vieni a imporle le mani perché sia guarita e viva” (Mc 5, 23).

“Gesù andò con lui” (Mc 5, 24). Il cuore di Cristo, che si commuove di fronte al dolore umano di quest’uomo e della sua giovane figlia, non resta indifferente di fronte alle nostre sofferenze. Cristo ci ascolta sempre, ma ci chiede che ricorriamo a lui con fede.

Poco più tardi vennero a dire a Giairo che sua figlia era morta. Umanamente non vi era più rimedio. “Tua figlia è morta. Perché disturbi ancora il Maestro?” (Mc 5, 36).

L’amore che Gesù sente per gli uomini, per noi, lo spinge ad andare alla casa del capo della sinagoga. Tutti i gesti e le parole del Signore esprimono questo amore. Vorrei soffermarmi particolarmente sulle testuali parole uscite dalla bocca di Gesù: “La bambina non è morta, ma dorme”. Queste parole, profondamente rivelatrici, mi inducono a pensare alla misteriosa presenza del Signore della vita in un mondo che sembra soccombere all’impulso distruttore dell’odio, della violenza e dell’ingiustizia; ma no. Questo mondo, che è vostro, non è morto, ma dorme. Nel vostro cuore, cari giovani si avverte il forte palpito della vita, dell’amore di Dio. La gioventù non è morta quando è vicina al Maestro. Sì, quando è vicina a Gesù: voi tutti siete vicini a Gesù. Ascoltate tutte le sue parole, tutte le parole, tutto. Giovane, ama Gesù, cerca Gesù. Incontrati con Gesù.

Successivamente Cristo entrò nell’abitazione dove ella giaceva, le prese la mano e le disse: “Fanciulla, io ti dico, alzati!” (Mc 5, 41). Tutto l’amore e tutta la potenza di Cristo - la potenza del suo amore - ci si rivelano in questa delicatezza e in questa autorità con cui Gesù ridà la vita a questa bambina e le ordina di alzarsi. Ci commuove il constatare l’efficacia della parola di Cristo: “Subito la fanciulla si alzò e si mise a camminare” (Mc 5, 42). In quest’ultima disposizione di Gesù, prima di congedarsi - “di darle da mangiare” (Mc 5, 43) - scopriamo fino a che punto Cristo, vero Dio e vero uomo, conosce e si preoccupa di tutte le nostre necessità spirituali e materiali.

Dalla fede nell’amore di Cristo per i giovani nasce l’ottimismo cristiano che manifestate in questo incontro.

4. Solo Cristo può dare la vera risposta alle vostre difficoltà! Il mondo ha bisogno della vostra risposta personale alle Parole di vita del Maestro: “Io ti dico, alzati!”.

Vediamo come Gesù va incontro all’umanità, nelle situazioni più difficili e penose. Il miracolo compiuto nella casa di Giairo ci mostra il suo potere sul male. È il Signore della vita, il vincitore della morte.

Paragoniamo il caso della figlia di Giairo con la situazione dell’attuale società. Tuttavia non possiamo dimenticare che, secondo quanto ci insegna la fede, la causa prima del male, dell’infermità, della stessa morte, è il peccato sotto le sue diverse forme.

Nel cuore di ciascuno e di ciascuna sta questa infermità che ci colpisce tutti: il peccato personale, sempre più radicato nelle coscienze, nella misura in cui si perde il senso di Dio; nella misura in cui si perde il senso di Dio! Non si può vincere il male con il bene se non si ha questo senso di Dio, della sua azione, della sua presenza che ci invita a scommettere sempre per la grazia, per la vita, contro il peccato, contro la morte. È in gioco la sorte dell’umanità: “L’uomo può costruire un mondo senza Dio, ma questo mondo finirà per ritorcersi contro l’uomo” (Ioannis Pauli PP. II, Reconciliatio et Paenitentia, 18).

Da qui la necessità di vedere le implicazioni sociali del peccato per edificare un mondo degno dell’uomo. Vi sono mali sociali che danno vita ad una vera e propria “comunione del peccato”, in quanto, insieme all’anima, avviliscono la Chiesa e in certo qual modo il mondo intero (cf. Ivi, 16). È giusta la reazione dei giovani di fronte a questa funesta comunione nel peccato che avvelena il mondo.

Amati giovani. Lottate con coraggio contro il peccato, contro le forze del male in tutte le sue forme, lottate contro il peccato. Combattete la buona battaglia della fede per la dignità dell’uomo, per la dignità dell’amore, per una vita nobile, di figli di Dio. Vincere il peccato mediante il perdono di Dio è una guarigione, una risurrezione. Fatelo con piena coscienza della vostra responsabilità irrinunciabile.

5. Se sondate il vostro intimo scoprirete senza dubbio difetti, desideri di bene non soddisfatti peccati, ma vi accorgerete anche che nella vostra intimità giacciono forze rimaste inattive, virtù non esercitate a sufficienza, capacità di reazione non esaurite.

Queste energie sono come nascoste nell’anima di un giovane o di una giovane; quante aspirazioni giuste e profondi aneliti che è necessario ridestare, portare alla luce! energie e valori che molte volte i comportamenti e le pressioni che vengono dalla secolarizzazione soffocano, e che possono essere ridestati solo dall’esperienza di fede, dall’esperienza di Cristo vivo, di Cristo crocifisso, di Cristo morto e risorto.

Giovani cileni non abbiate paura di guardare a Lui! Guardate al Signore: che cosa vedete? È solo un uomo saggio? No! È più di questo! È un profeta? Sì! Ma è ancora di più! È un riformatore sociale? Molto più di un riformatore, molto di più. Guardate al Signore con sguardo attento e scoprirete in Lui il volto stesso di Dio. Gesù è la Parola che Dio doveva dire al mondo. È Dio stesso che è venuto a condividere la nostra esistenza, l’esistenza di ciascuno di noi.

Al contatto di Gesù germoglia la vita. Lontano da Lui non vi è che oscurità e morte. Voi avete sete di vita. Di vita eterna! Di vita eterna? Cercatela e trovatela in Colui che non solo dà la vita ma è la Vita stessa.

6. Questo è, amici miei, il messaggio di vita che il Papa vuole trasmettere ai giovani cileni: cercate Cristo! guardate a Cristo! vivete in Cristo! Questo è il mio messaggio: “Che Gesù sia “la pietra angolare (cf. Ef 2, 20) della vostra vita e della nuova civiltà che nella solidarietà generosa e condivisa dovete costruire. Non vi può essere autentico sviluppo umano nella pace e nella giustizia, nella verità e nella libertà, se Cristo non si fa presente con la sua forza salvifica” (Ioannis Pauli PP. II, Nuntius ad iuvenes, 3, die 30 nov. 1986, Insegnamenti di Giovanni Paolo II, IX/2 [1986] 1821). Che cosa significa costruire la vostra vita in Cristo? Significa lasciarvi impegnare dal suo amore. Un amore che chiede coerenza nel proprio comportamento, che esige l’adeguare la propria condotta alla dottrina e ai comandamenti di Gesù Cristo e della sua Chiesa; un amore che riempie la nostra vita di una felicità e di una pace che il mondo non può dare (cf. Gv 14, 27), malgrado ne abbia tanto bisogno. Non abbiate paura delle esigenze dell’amore di Cristo. Temete, al contrario, la pusillanimità, la leggerezza, la comodità, l’egoismo; tutto quello che vuole ridurre al silenzio la voce di Cristo che, rivolgendosi a ciascuno, ripete “Io ti dico, alzati!” (Mc 5, 41).

Guardate a Cristo con coraggio, contemplando la sua vita attraverso la lettura serena del Vangelo; cercandolo con fiducia nell’intimità della vostra preghiera, nei sacramenti, specialmente nell’Eucaristia, dove offre se stesso per noi ed è realmente presente. Non trascurate di formare la vostra coscienza in profondità, seriamente, sulla base degli insegnamenti che Cristo ci ha lasciato e che la sua Chiesa conserva e interpreta con l’autorità che da lui ha ricevuto.

Se cercate Cristo, anche voi udrete nell’intimo della vostra anima le richieste del Signore, le sue continue esortazioni. Gesù continua a rivolgersi a voi ripetendovi: “lo ti dico, alzati!” (Mc 5, 41), specialmente quando non siete fedeli alle opere che professate con le parole. Cercate, dunque, di non allontanarvi da Cristo, conservando nella vostra anima la grazia divina che riceveste nel Battesimo, ricorrendo, quando è necessario, al sacramento della riconciliazione e del perdono.

7. Se lottate per mettere in pratica questo programma di vita radicato nella fede e nell’amore a Gesù Cristo, sarete in grado di trasformare la società, di costruire un Cile più umano, più fraterno, più cristiano. Tutto questo sembra essere sintetizzato nella schietta frase del Vangelo: “Subito la fanciulla si alzò e si mise a camminare” (Mc 5, 42). Con Cristo anche voi camminerete sicuri e porterete la sua presenza in tutte le strade, in tutte le attività di questo mondo, in mezzo a tutte le ingiustizie di questo mondo. Con Cristo riuscirete a far sì che la vostra società cominci a percorrere nuove vie, fino a fare di essa la nuova civiltà della verità e dell’amore, ancorata ai valori propri del Vangelo e soprattutto al precetto della carità, il precetto che è il più divino e il più umano.

Cristo ci chiede di non restare indifferenti di fronte all’ingiustizia, di impegnarci responsabilmente nella costruzione di una società più cristiana, di una società migliore. Per questo è necessario che allontaniamo dalla nostra vita l’odio: che riconosciamo come ingannevole, falsa, incompatibile con la sua sequela, ogni ideologia che proclami la violenza e l’odio come rimedi per conseguire la giustizia. L’amore vince sempre, come Cristo ha vinto; l’amore ha vinto, sebbene talvolta, di fronte ad avvenimenti e a situazioni concrete, possa sembrarci inefficace. Anche Cristo dava l’impressione di non potercela fare. Dio sempre può di più.

Nell’esperienza di fede con il Signore, scoprite il volto di colui che, essendo nostro maestro, è l’unico che può esigere totalmente, senza limiti. Optate per Gesù e rifiutate le idolatrie del mondo, gli idoli che cercano di sedurre la gioventù. Solo Dio è adorabile. Solo Lui merita il vostro dono totale.

È vero che volete rinunciare all’idolo della ricchezza, alla brama di possedere, al consumismo, al denaro facile?

È vero che volete rifiutare l’idolo del potere, come dominio sugli altri invece dell’atteggiamento di servizio fraterno di cui Gesù diede l’esempio? È vero?

È vero che volete rifiutare l’idolo del sesso, del piacere, che frena il vostro desiderio di seguire Cristo per il cammino della croce che porta alla vita? L’idolo che può distruggere l’amore.

Con Cristo, con la sua grazia, saprete essere generosi perché tutti i vostri fratelli gli uomini, e specialmente i più bisognosi, partecipino dei beni materiali e di una formazione e di una cultura adeguata al nostro tempo, che permetta loro di sviluppare i talenti naturali che Dio ha loro concesso. In questo modo sarà più facile conseguire quegli obiettivi di sviluppo e benessere imprescindibili perché tutti possano condurre una vita degna e propria dei figli di Dio.

8. Giovane, alzati e partecipa, insieme alle molte migliaia di uomini e donne nella Chiesa, nell’infaticabile missione di annunciare il Vangelo, di guidare con tenerezza coloro che soffrono in questa terra e cercare modi di costruire un paese giusto, un paese che viva nella pace. La fede in Cristo ci insegna che vale la pena di lavorare per una società più giusta, che vale la pena di difendere l’innocente, l’oppresso e il povero, che vale la pena di soffrire per alleviare la altrui sofferenza.

Giovane, alzati! sei chiamato a cercare appassionatamente la verità, a coltivare instancabilmente la bontà, un uomo o una donna con vocazione di santità. Che le difficoltà che ti trovi a vivere non siano di ostacolo al tuo amore e alla tua generosità, ma una forte sfida. Non stancarti di servire, non tacere la verità, supera i tuoi timori, sii cosciente dei tuoi limiti personali. Devi essere forte e coraggioso, lucido e perseverante in questo lungo cammino.

Non lasciarti sedurre dalla violenza e dalle mille ragioni che sembrano giustificarla. Sbaglia chi afferma che solo passando attraverso di essa si conseguiranno la giustizia e la pace.

Giovane, alzati, abbi fede nella pace, compito arduo, compito di tutti. Non cadere nell’apatia di fronte a quello che sembra impossibile. In te germogliano i semi della vita per il Cile del domani. Il futuro della giustizia, il futuro della pace passa per le tue mani e nasce dal profondo del tuo cuore. Sii protagonista nella costruzione di una nuova convivenza di una società più giusta, sana e fraterna.

9. Concludo invocando nostra Madre. Maria Santissima, sotto la protezione della Vergine del Carmine, Patrona della vostra Patria. Tradizionalmente a questa protezione sono ricorsi sempre gli uomini del mare, chiedendo alla Madre di Dio asilo e protezione per le loro lunghe e spesso difficili traversate. Mettete anche voi sotto la sua protezione la “navigazione” della vostra vita, della vostra vita giovane non esente da difficoltà ed Ella vi condurrà al porto della Vita vera. Amen.
P. Marius - Amare come Dio

Vorrei iniziare con questa citazione di Martin Luther King : “Abbiamo imparato a volare come gli uccelli, a nuotare come i pesci, ma non abbiamo ancora imparato la semplice arte di vivere insieme come fratelli.” Oggi la liturgia ci invita all’amore per il prossimo sopratutto per il nemico.

La liturgia della scorsa domenica ci ha invitati a riconsiderare il nostro rapporto con l’Eucaristia, il pane di vita. Cristo è il pane straordinario, che sazia la fame straordinaria dice Agostino. Solo Cristo puo colmare la nostra fame di qualsiasi cosa.

In questa domenica, siamo tutti esortati all’osservanza della legge d’oro cioè “Ciò che vogliamo gli uomini facciano a noi, anche noi facciamolo a loro”. La parola di Dio di questo giorno ci fa riflettere sulla nostra vera appartenanza al Signore e ci invita all’amore sincero per il nemico. Carissimi, il comandamento dell'amore riguarda innanzitutto i nemici. E’ troppo comodo amare soltanto i suoi cari. E’ troppo facile volere bene a chi ci vuole bene anche i pagani fanno cosi.

A ciascuno di noi Gesù chiede di andare in profondità cioè di amare il nemico. L'amore per il nemico è il fondamento pratico del cristianesimo, è la rivoluzione che Gesù ci ha portato. L'amore per il nemico è la prova per vedere se realmente abbiamo conosciuto Dio, se realmente siamo cristiani.

Per amare come Dio bisogna amare a senso unico cioè amare senza condizioni: dare tutto senza pretendere nulla, senza aspettare nulla indietro.

Dio ci ama senza condizioni e senza riserve e ci rende capaci di amare gli altri così come sono, senza condizioni e senza riserve. Non è facile amare come Dio. Per questo bisogna mantenere con lui un rapporto per beneficare ogni giorno della sua grazia.

Dio è il punto di riferimento dell'agire cristiano. Tutta la preoccupazione del credente è ripetere nella propria vita i suoi comportamenti.

Fratelli, ciascuno di noi cerchi di piacere al prossimo nel bene, per edificarlo dice san Paolo nell’epistola.

Chi fa parte del popolo de Dio? Ecco la domanda che ci invita alla riflessione e all’azione. La risposta del Signore è questa: Chi osserva il diritto e pratica la giustizia. Non chi ha un rapporto superficiale con la fede perché la casa del Signore è casa di preghiera per tutti. Cioè il nostro corpo che è il tempio di Dio deve aiutare gli altri a incontrare il Signore attraverso di noi.

Chiediamo la grazia di amare il nemico come il prossimo per ricevere la grazia necessaria alla nostra felicità!

Padre Marius 30.9.2019
P. Marius - Ama Dio negli altri.

La liturgia della scorsa domenica ci ha proposto la regola d’oro come regola di vita; regola necessaria alla vita sociale e che significa: “Tutte le cose che voi volete che gli uomini vi facciano, fatele anche voi a loro”.

La liturgia ha anche invitato ciascuno di noi ad andare in profondità nella fede al punto di poter amare il nemico. Questa parola è dura e impossibile per chi non è cristiano o per chi non vuole fare un passo avanti nella fede.

In questa prima domenica del mese missionario, la liturgia chiede la nostra attenzione sul valore dell’accoglienza ed in particolare sull’ospitalità da offrire ai ministri di Dio che annunciano la sua Parola.

Questo tema odierno dell’accoglianza è molto delicato perché è un tema che tanta gente e tanti cristiani non vogliono più sentire parlare.

La seconda difficoltà è questa: come parlare di ospitalita ai ministri di Dio ad una societa che ha quasi perso la fede?

Prima di tutto sappiamo che la relazione con Dio è una relazione di fede. O crediamo in lui e noi siamo cristiani e obbediamo alla sua parola o non crediamo in lui e non siamo cristiani benché facciamo qualche messa e quelche preghiera.

Ricordiamoci questa Parola di Gesù: "Nessuno che mette mano all'aratro e poi si volge indietro è adatto per il regno di Dio".

La fede si vive in profondità e sino alla fine.

E’ una grande incoerenza mandare via Dio dal suo cuore e voler vivere felice e in pace. Oggi, neanche il crocifisso, uno dei segni della nostra fede è accettato dapperttutto nel nostro paese alla base cristiano. Dove andiamo a finire fratelli carissimi?

Oggi la Parola di Dio ci invita all’accoglienza ed all’ospitalità.

Cosa significano queste parole?

Queste parole significano prima di tutto considerare la persona che bisogna e ridarla la propria dignità di figlia di Dio.

Secondo mettere a disposizione di chi ha bisogno quello che Dio ci ha dato per noi e per loro: i nostri beni terreni e le nostre qualità.

Dare accoglienza e ospitalità a chi ha bisogno vuole dire anche dare ascolto a chi ha bisogno di essere ascoltato, dare la nostra disponibilità a chi ha bisogno della nostra presenza soprattutto i nostri vicini anziani, da soli e ammalati.

Non dobbiamo lasciare la paura paralizzare le nostre buone opere.

Facciamolo per gli altri per la nostra fede perché un giorno anche noi avremo forse bisogno dell’auito dagli altri. Dice il salmo chi spera nel Signore, non resta deluso. I tempi sono cambiati ma la Parola di Dio è sempre attuale.

E’ vero che noi dobbiamo avere un’intelligenza prudente ma fidiamoci di Dio.

Ecco perché Gesù fa questo un salto di qualità dicendo: “Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato” Non si tratta piu di accogliere una persona che ha bisogno ma dietro questa persona si tratta di accogliere Dio.

Gesù ci incoraggia tutti all’accoglienza identificandosi a questi piccoli:” Chi avrà dato da bere anche un solo bicchiere d’acqua fresca a uno di questi piccoli perché è un discepolo, in verità io vi dico: non perderà la sua ricompensa “.

Dopo il volto delle persone c’è Dio. Chiediamo a Dio la grazia di essere sempre disposti ad aiutare chi ha bisogno.


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